Il prezzo medio della pausa pranzo per i dipendenti in Italia si aggira attualmente su una media di 11 euro secondo la ricerca da BVA Doxa per Pluxee Italia

La pausa pranzo pesa sempre di più sui portafogli dei lavoratori italiani, da nord a sud. Lo confermano diverse fonti, tra cui i dati interni e la ricerca condotta da BVA Doxa per Pluxee Italia, partner leader per i benefit e il coinvolgimento dei dipendenti. Senza scendere nel dettaglio delle differenze territoriali, il prezzo medio della pausa pranzo per i dipendenti in Italia si aggira oggi su una media di 11 euro: una cifra, questa, che avrebbe subìto un aumento considerevole rispetto al periodo pre-pandemico, come riportato da diversi indicatori (+8%, secondo le stime dell’Osservatorio nazionale Federconsumatori).

In questo contesto, i buoni pasto, tra i benefit aziendali più apprezzati da imprese e lavoratori, diventano uno strumento ancor più necessario per aumentare il potere di acquisto dei dipendenti, e garantire loro una pausa pranzo varia ed equilibrata. Usufruendo dei vantaggi posti dell’attuale normativa, le aziende già oggi possono aumentare il valore facciale dei buoni pasto digitali fino a 8 euro: un incremento deducibile al 100% per le aziende ed esentasse, che ridurrebbe la disparità attuale tra il valore facciale medio dei buoni pasto erogati (valore che oggi, secondo dati interni di Pluxee Italia, si aggira intorno ai 6 euro) e il reale costo della pausa pranzo fuori ufficio.

La pausa pranzo fuori ufficio in Italia

Secondo i dati della ricerca realizzata da BVA Doxa per Pluxee Italia, l’80% delle consumazioni durante la pausa pranzo fuori ufficio avviene nei locali (come bar e ristoranti), con costi che variano notevolmente: si parte da una media di 8,10 € per la consumazione di un panino o una piadina o un toast con bevanda e caffè, per raggiungere uno scontrino medio di 15 € per un menù completo. Per consumare, invece, un primo piatto la spesa è in media di 9,80 €, mentre per un secondo piatto la cifra si aggira intorno a 11,60 €.

Le consumazioni da asporto (il 20% sul totale delle pause pranzo fuori ufficio), sono leggermente più contenute: in media 6 € per panino/piadina/toast (escluse bevande), 7,40 € per un primo piatto e circa 9,30 € per un secondo.

A livello regionale le differenze sono evidenti: al Nord, dove la pausa pranzo fuori ufficio ha un costo per il dipendente superiore rispetto al resto dell’Italia, per consumare un panino (o una piadina o un toast) con bevanda e caffè si può arrivare a spendere 8,90 € (Lombardia), mentre la cifra si aggira sui 7,80 € nel Centro Italia o 7,40€ nel Sud e nelle Isole.

Per consumare un menù completo bevande incluse, la cifra stimata nel Nord Italia può arrivare fino a 16,10 € (in particolare nel Nord Est) invece che 13,30 € del Sud e nelle Isole. Il divario si evidenzia anche nelle consumazioni da asporto: prezzo di un panino/una piadina/o un toast: 4,80 € nel Sud Italia e nelle Isole, con un picco di 6,80 € in Lombardia. 

Anna Maria Mazzini_Chief, Growth Officer Pluxee Italia

"In un contesto di inflazione crescente e costi in aumento per la pausa pranzo, l'opportunità per le imprese di rivedere e potenziare il valore dei buoni pasto è di rilievo –commenta Anna Maria Mazzini, chief growth officer di Pluxee Italia-. Questa revisione non solo si adatta alla situazione economica attuale, ma offre anche la possibilità di sfruttare appieno le esenzioni fiscali italiane. Le aziende possono erogare buoni pasto in formato digitale fino a 8 euro, totalmente esentasse per aziende e dipendenti. Un passo strategico che, oltre a fornire un supporto finanziario ai lavoratori, sottolinea l'impegno dell'azienda nel promuovere il benessere dei collaboratori. Consideriamo che il mercato dei buoni pasto in Italia si attesta su un valore di 4 miliardi di euro e 4 milioni di consumatori, con una grande possibilità di ampliamento per il settore visto che sono 19 milioni i consumatori potenziali: è evidente che abbiamo un notevole gap da colmare anche in termini di informazione e diffusione. Questo riguarda soprattutto le Pmi, le quali rappresentano circa l’80% del tessuto imprenditoriale del nostro Paese” .

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