Sacchetti ortofrutta: l’occasione perduta della gdo

Gli opinionisti di Mark Up (da Mark Up n. 266)

Non si spegne la polemica sui sacchetti biodegradabili che dal 1° gennaio 2018 hanno sostituito le vecchie buste utilizzate per i prodotti freschi del supermercato: la legge prevede che siano a pagamento e questo ha scatenato l’indignazione dei consumatori. D’altra parte c’è chi ritiene ridicola tutta questa polemica: in fin dei conti si discute di aumenti che peseranno, sulla spesa di un anno, per non più di dieci o venti euro! L’Unione Nazionale Consumatori è intervenuta nel dibattito sottolineando che, al netto della giusta richiesta dell’Europa di ridurre l’uso della plastica, l’applicazione italiana della norma è un vero pasticcio.
Da parte mia noto l’assenza della grande distribuzione dalla discussione: onestamente da certe catene sempre così prodighe di fantasiose campagne pubblicitarie mi sarei aspettato di più. Troppo facile dire che l’obbligo di tassare i consumatori deriva dalla legge. Dov’era la loro lobby quando la legge è stata discussa? Forse qualcuno ha fatto il furbo per pochi centesimi? Ed anche adesso che la polemica è deflagrata, io credo che le insegne stiano perdendo un’occasione per ricordare la loro vicinanza al consumatore. Solo alcune venderanno sottocosto, dopo il via libero del Ministero dello sviluppo economico, ma non basta. Perché non ispirarsi ad alcune best practice straniere?
Una catena svizzera ha introdotto imballi riutilizzabili per alimenti sfusi, in Germania sono diffuse le vecchie “retine” lavabili in lavatrice. Ma resta un tema di fondo: se è una bufala la notizia che questa tassa serve all’ambiente, perché giudicare fuori luogo l’indignazione del consumatore?

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