Sempre lo stesso mantra: aumento dell’iva e reverse charge

Gli opiniositi di Mark Up: Giovanni Cobolli Gigli (da Mark Up n. 258)

Di nuovo si parla di aumento dell’Iva e di reverse charge per la gdo. Le clausole di salvaguardia sono una spada di Damocle che vive ancora e il reverse charge, già bocciato dall’Europa, mantiene sempre un suo fascino. Non c’è però momento peggiore di quello attuale per applicare queste due misure. Aumento dell’Iva: l’inflazione attuale, che ho definito “insana”, agisce con grande vigore su due ambiti sensibili per la spesa delle famiglie, ortofrutta e carburanti, con un rischio di propagazione psicologica e di effetto domino. Tutto sembra aumentare e quindi si compra meno di tutto. Se in questo quadro inserissimo gli inevitabili incrementi dei prezzi derivati da un innalzamento dell’Iva, la frenata dei già deboli consumi sarebbe inesorabile e la nostra fragile crescita si arresterebbe. Con anche effetti redistributivi dei redditi, nel caso di ritocchi delle aliquote agevolate, che proprio non ci possiamo permettere in questa Italia dalle diseguaglianze crescenti. Chi è povero ed ha un’alta propensione al consumo concentrata sui prodotti base, avrebbe ancora più difficoltà a soddisfare i propri bisogni, e chi è ricco, con un’incidenza dei propri consumi molto minore sui questi prodotti, potrebbe invece sopportare la nuova imposizione fiscale senza particolari difficoltà. Reverse charge: aggraverebbe il settore di costi impropri, rendendo sempre più difficile l’attuazione delle politiche di convenienza che hanno fin qui tutelato il potere d’acquisto dei consumatori. Tutto ciò per finanziare altri interventi ritenuti opportuni, quali il taglio del cuneo fiscale. Ma siamo sicuri che il saldo finale di questa operazione risulterebbe positivo?

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