Finché si avranno passioni non si cesserà di scoprire il mondo”, così scriveva Cesare Pavese, la passione è un propellente potente, che va sapientemente dosato, soprattutto quando si fa parte di organizzazioni complesse. Aggiungerei alla passione anche la curiosità, soprattutto quando si tratta di “scoprire il mondo”: ampliare i propri confini geografici e mentali fa parte della fase di crescita cui tutte le aziende aspirano e in cui molte di loro oggi si trovano a vivere. Come attrezzarsi? Scegliendo le persone giuste per la crescita e lasciando andare coloro meno disponibili a mettersi in gioco. La cristallizzazione, nel tempo, di molte culture aziendali è un freno a tale movimento. Dipendenti a lungo permanenti, nella medesima posizione per decenni, da vestali della continuità, si trasformano in ingombranti macigni nel momento in cui “disruptive” diventa la parola chiave del successo. Un cambio di marcia non banale per molte aziende che, dopo anni passati a “mantenere” il proprio organico intatto, devono imparare a “lasciare andare” coloro che non si sentono più in linea con il ritmo della crescita che si vuole imprimere o che (spesso) l’azienda si trova a vivere. Tornando al caso di aziende che decidono di aprirsi ai mercati esteri, avranno bisogno, non solo di know how specifici, ma anche di trovare, all’interno dell’organizzazione, persone in grado di affrontare la multiculturalità con apertura mentale e con curiosità, appassionate del prodotto e in grado di interloquire con “l’altro” abbattendo riserve e stereotipi. In teoria, sarebbe più semplice acquisire forze già “pronte”, ma anche questa scelta non è scevra da pericoli: perchè, se da un lato si assumono persone apparentemente perfette per un determinato ruolo, difficilmente avranno nelle loro corde la medesima conoscenza, passione per ciò che l’azienda non solo “fa” ma “è”. In sintesi, il pericolo oggi è di trovarsi con le persone giuste nel ruolo sbagliato. Secondo una ricerca del Jobvite Recruiter Nation Report 2016, riportato da Harvard Business Review (Usa), il 60% dei recruiter dichiara che l’elemento più importante nel selezionare il candidato giusto sta nel trovare il “culture fit”: non basta mettere la persona giusta al posto giusto ma anche farlo nel momento adeguato. Pensare alla propria organizzazione come a una squadra sportiva aiuta a prendere le giuste decisioni, e a mantenere un bilanciamento, non solo tra le diverse competenze (più semplice), ma anche tra le diverse attitudini caratteriali, spronando, laddove serve, i più pronti al cambiamento nelle fasi di crescita e di evoluzione, puntando sui più conservatori nelle fasi di consolidamento. Per riuscirci, è necessario avere la coscienza di chi è la nostra azienda e della strada che vogliamo percorrere.
Si vince solo con il giusto team
L'editoriale della direttrice Cristina Lazzati (da Mark Up n. 263)