Smart Working: da moda a leva strategica per la continuità operativa del business

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Lo Smart Working è al banco di prova per le sue effettive capacità di contribuire alla resistenza del tessuto socio-economico italiano al tempo del Coronavirus, oltre work-life balance e welfare aziendale

L’attuale emergenza sanitaria dettata dal Coronavirus, che ha costretto all’isolamento e alla prudenza molte aree dell’Italia settentrionale, è risultata essere il banco di prova pratico per il cosiddetto “lavoro agile”, o Smart Working. Questo tipo di modello organizzativo dell’attività lavorativa è definito dall’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano come “una nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati”.

Quanti sono gli smart worker in Italia

Sempre in accordo con i dati del Politecnico, gli Smart Worker in Italia risultano essere circa 570.000, in crescita del 20% rispetto al 2018, ma meno rispetto ai trend internazionali. Questo incremento è sicuramente dettato anche dalle tecnologie che, ad oggi, permettono di gestire la propria attività lavorativa potenzialmente da ovunque. Ciò apre una riflessione sull’importanza di smartphone e computer, che costituiscono i due strumenti fondamentali per lavorare, di concerto con un’efficiente connessione Internet.

Chi si trova a dover lavorare fuori ufficio e non possiede una rete fissa può, con la tecnologia Lte, usufruire comunque di una rete internet stabile, veloce e soprattutto plug-and-play. Affidarsi, infatti, a hotspot o mobile router, permette di beneficiare di una maggiore flessibilità che, in ambito lavorativo, significa eliminare la necessità di dover stare fissi al proprio desk.

Il vantaggio dell'approccio Byod (Bring your own device)

Sempre sul piano degli strumenti tecnologici, di fatto, gli italiani oggi adoperano una pluralità di dispositivi proprietari e aziendali, facendo emergere il fenomeno del cosiddetto Byod (Bring Your Own Device), un tempo avversato in azienda, e, invece, diventato adesso il driver principale del lavoro agile. Si fa, addirittura, un passo oltre in questa direzione, per cui non vi è Smart Working senza Enterprise Mobility Management (Emm), ovvero l’insieme di servizi e tecnologie progettati per proteggere i dati aziendali sui dispositivi mobili dei lavoratori: secondo l’Osservatorio è oggi il 14% delle organizzazioni ad averlo adottato. A tal fine, cresce l’urgenza di definire, anche in ottica di cybersecurity, le politiche di gestione rispetto alla pluralità di dispositivi fissi e mobili utilizzati delle risorse che lavorano o collaborano con le diverse organizzazioni.

Rendere l’esperienza di Smart Working più efficace e positiva possibile dipende, allora, da sempre più efficienti e sicure tecnologie, ma è figlia anche di un cambiamento culturale che porti a cogliere i benefici della flessibilità e ad abbracciare un nuovo paradigma secondo cui il lavoro non è più misurato in ore e non si connota più con l’essere in un luogo specifico.

Nello smart working il concetto di ufficio diventa open

Anzitutto è bene ricordare che lo Smart Working non è il telelavoro (molto più rigido nei suoi schemi), ma è soprattutto, un modello che prevede il superamento delle rigidità organizzative, rafforzando il concetto di collaborazione e favorendo la condivisione di spazi (virtuali e non). Nell’ottica smart, il concetto di ufficio diventa “open”, e il vero spazio lavorativo è quello che favorisce la creatività delle persone e che genera relazioni che oltrepassano i confini aziendali, stimolando nuove idee e quindi nuovo business.

Ecco i 4 principi cardine del lavoro smart

Differenziazione degli spazi di lavoro, evitando l’omologazione e l’impersonalità

Abitabilità condizioni confortevoli in cui lavorare ed esprimersi

Intelligenza creazione di un ponte tra lo spazio fisico e virtuale, che permette di anticipare le esigenze dei lavoratori

Riconfigurabilità capacità mutare per essere dinamici e plasmati in base alle necessità dei lavoratori

I 4 principi cardine del lavoro smart non soltanto creano le condizioni per l’efficienza e il benessere delle persone, ma sono funzionali alla creazione di condizioni adatte per un nuovo spirito di appartenenza, un engagement, uno stimolo all’innovazione.

La contingenza attuale italiana ha messo, quindi, in luce l’utilità di questo modello di Digital Organization, superando i pregiudizi di un innegabile effetto moda che circondava tale pratica, e focalizzandosi sui benefit per il business. Lo Smart Working, infatti, si è imposto come lo strumento in grado da un lato di abbassare la possibilità dei contagi e dall’altro di mantenere stabile il livello di produttività, ed è stato riconosciuto come tale anche dai provvedimenti legislativi emanati dallo Stato.

Il decreto legge che favorisce lo smart working

È dello scorso 23 febbraio 2020 il decreto legge n.6 per misure urgenti sul Coronavirus pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, che rende il lavoro agile immediatamente applicabile anche in assenza di accordi con l’azienda, e prevedere “la sospensione delle attività lavorative per le imprese […] ad esclusione di quelle che possono essere svolte in modalità domiciliare ovvero in modalità a distanza”.

Il mondo è in continua evoluzione: famiglia, città, lavoro, relazioni, scuole, interconnessioni, crisi, ecc. Cambiando, quindi, il contenuto, deve necessariamente cambiare anche il contenitore. In quest’ottica lo Smart Working non è più solo uno strumento di work-life balance e welfare aziendale, ma un asset strategico di digital business transformation, basato su dettami di personalizzazione, flessibilità e virtualità, volto a ripensare in maniera più intelligente l’organizzazione del lavoro e a far fronte alle congiunture e sfide che abbiamo innanzi.

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