Smarter Italy: 12 “borghi del futuro” come impulso alla trasformazione digitale

“Smart Village”, “Agroinnovazione” sono solo due dei concetti innovativi dei contesti abitativi, fuori dalle grandi città. In questa scia il progetto del Mise sui borghi

Alghero, Bardonecchia, Campobasso, Carbonia, Cetraro, Concorezzo, Ginosa, Grottammare, Otranto, Pantelleria, Pietrelcina e Sestri Levante: questi i 12 Comuni, con almeno 3.000 abitanti e  al di sotto dei 60.000, scelti per diventare “Borghi del Futuro”.

Tali piccoli centri, di concerto con altre 11 città definite “Smart Cities”, rientrano nel programma chiamato “Smarter Italy”, promosso dagli ex ministri responsabili del Ministero dello Sviluppo economico (Mise), del Ministero dell'Università e della ricerca (Mur) e del Ministro per l’Innovazione tecnologica e la digitalizzazione. L’obiettivo è quello di migliorare la vita delle comunità e dei cittadini attraverso la sperimentazione nei territori di soluzioni  tecnologiche emergenti in diversi ambiti: mobilità, ambiente, benessere della persona e beni culturali.

La sfida sarà quella di diventare laboratori di sperimentazione di tecnologie di frontiera applicate ai servizi per i cittadini, utilizzando un sistema di "appalti innovativi" con i quali, a differenza degli appalti tradizionali, lo Stato non acquista prodotti o servizi standardizzati già disponibili sul mercato, ma stimola operatori e imprese a creare soluzioni basate su tecnologie emergenti per rispondere concretamente ai fabbisogni di servizi espressi dalle realtà territoriali. Questo nuovo ecosistema di “appalti innovativi” spingerà il contesto imprenditoriale ad innovarsi e genererà un impatto rilevante sull’efficienza della Pubblica amministrazione.

Nello specifico, le prime aree di intervento del programma, a cui potranno esserne affiancate di altre in corso d’opera, sono:

  • Smart Mobility per il miglioramento sostanziale dei servizi per la mobilità di persone e merci nelle aree urbane;
  • Valorizzazione dei beni culturali (Cultural Heritage), per la valorizzazione economica e turistica delle aree di rilevanza storica e artistica;
  • Benessere sociale e delle persone (Wellbeing) per il miglioramento dello stato psico-fisico dei cittadini;
  • Protezione dell'ambiente per il miglioramento della situazione ambientale in tutti i suoi aspetti.

Il digitale, infatti, fa scoprire una nuova vocazione ai borghi che parevano essere destinati all’oblio dell’urbanizzazione. I piccoli centri hanno concretamente la possibilità di diventare nuove “piccole patrie” elettive di molte persone che, svincolate dai grandi conglomerati urbani grazie al telelavoro (o quello che in Italia è ormai correntemente chiamato Smart working), possono scegliere di lavorare da remoto in luoghi più a misura d'uomo.

Le restrizioni imposte dalla pandemia hanno ormai reso superato, in una molteplicità di settori, un rapporto di lavoro imperniato soprattutto sul binomio presenza fisica-orario di lavoro. Il lavoratore è, quindi, un soggetto che partecipa a un progetto, il cui valore è basato sul conseguimento di obiettivi individuali e/o collettivi, indipendenti da rigide imposizioni spazio-temporali.

“Desincronizzazione” e “delocalizzazione” sono qualcosa che impatterà sulle stesse grandi città, che proiettandosi nel post-Covid, stanno cominciando a ragionare su nuovi modelli di “vita di prossimità”, come nel caso delle “città dei quindici minuti” (città che si offre come piattaforma in cui tutto ciò che serve e tutto ciò che si deve fare quotidianamente è localizzato a massimo 15 minuti a piedi da dove si abita) che sta già prendendo piede a Milano e in altre città italiane, sulla scia di Parigi.

Il passaggio da “borghi fantasma” e “aree deserte” a borghi (ri)popolati e attivi influirebbe positivamente anche sul settore agroalimentare che trarrebbe vantaggio da interessanti potenzialità economiche, connesse alla valorizzazione dei prodotti tipici e, più in generale, allo sfruttamento dei legami con un territorio ripopolato e digitalmente sviluppato.

Si tratta, infatti, di creare le condizioni perché i borghi del futuro siano dei “Smart Village” che servano da impulso e sostegno ad attività in diversi settori, sviluppando, ad esempio, una forte “agroinnovazione”, capace pure di modificare i rapporti di forza fra gli attori della filiera tra cui si registra ancora troppo squilibrio in termini soprattutto di redditività e potere negoziale.

È ovvio che alla base di tutto ciò ci vogliono dei consistenti investimenti (la dotazione finanziaria per la realizzazione di Smarter Italy è, ad esempio, di oltre 90 milioni di euro, che tuttavia non hanno la pretesa di essere abbastanza per tutti gli interventi possibili) e dei piani progettuali che sappiano applicare le più illuminate logiche di bioeconomia circolare.

Le aree più periferiche possono essere rivalutate anche dal punto di vista turistico, che crescerà in maniera proporzionale all’implementazione dei servizi che cittadini del mondo si aspettano di trovare.

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