#sudrevolution, un’occasione da non perdere

Il Sud riceverà il 40% dei finanziamenti previsti dal Pnrr. Un’opportunità unica per trasformare il rimbalzo post-pandemico dell’economia in una crescita strutturale sfruttando al meglio le potenzialità del territorio. Cosa serve per rinascere? Considerazioni teoriche e spunti pratici dagli operatori di agricoltura, industria e retail, tra voglia di riscatto, orgoglio territoriale e chiamata al risveglio

La sfida più grande è inserirsi nelle nuove filiere globali che si vanno configurando come risposta alla crisi pandemica. Il Mezzogiorno si trova a vivere una fase cruciale, con i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) attesi come una manna dal cielo per rianimare l’economia locale, ma soprattutto con l’auspicio che non solo aiutino a colmare quei ritardi strutturali accumulati in questi anni, ma che permettano all’intero tessuto imprenditoriale e sociale di poter esprimere tutte le sue potenzialità e diventare un traino per la rinascita del Sistema Italia.

RISORSE AD AMPIO SPETTRO

La coesione sociale e territoriale è uno dei pilastri fondamentali sui quali poggia il Pnrr, che considera il rilancio del Sud una priorità trasversale. In particolare, l’asse strategico dell’inclusione sociale punta a ridurre il divario di cittadinanza, a superare le diseguaglianze profonde, spesso accentuate dalla pandemia, oltre che la debolezza strutturale del sistema produttivo del Sud. Così il Mezzogiorno sarà il destinatario di circa il 40% delle risorse territorializzabili del Pnrr, circa 82 miliardi. Risorse che andranno alle infrastrutture fisiche e digitali, alla formazione di competenze, nonché alla fiscalità di favore per favorire il riscatto delle aree più depresse dal punto di vista economico, all’interno di un quadro macro che mostra anche diversi e nuovi segnali di risveglio.

IL QUADRO MACROECONOMICO E LA SPINTA DELL’EXPORT

Secondo l’ultima analisi di Confindustria (Area Coesione Territoriale e Infrastrutture) e Srm (centro studi legato a Intesa Sanpaolo), il Sud ha saputo rispondere bene all’impatto socioeconomico della pandemia e si è avviato lungo un sentiero di crescita sostenuta; la grande sfida inizia proprio ora e riguarda la capacità di impiegare al meglio i fondi pubblici in arrivo.
L’indice sintetico dell’economia meridionale ha recuperato quasi del tutto il calo subito nel 2020, grazie soprattutto alla componente degli investimenti e alle nuove imprese.
Nel 2021, secondo lo studio di Confindustria e Srm, il Pil meridionale dovrebbe essere cresciuto in maniera importante (+5%), anche se ancora in misura minore rispetto al Centro-Nord (+6,8%). Tanto nell’area, quanto a livello nazionale, la spinta maggiore arriva dalle esportazioni, attese a un +16,6% contro il +20,2% messo a segno dal resto del Paese.
Per l’anno in corso, il gap dovrebbe ridursi con un progresso rispettivamente del 4,4% e del 4,6%. In ogni caso molto dipenderà dall’andamento della pandemia e dalle dinamiche inflazionistiche. Di certo il clima di fiducia delle imprese manifatturiere risulta in crescita da metà del 2020 in avanti, anche se con una velocità in attenuazione negli ultimi mesi del 2021. Bene anche l’andamento delle imprese attive, con un progresso dell’1,6% tra terzo trimestre 2020 e analogo periodo del 2021.

IL NODO DEI CONSUMI

Forse per la diversa intensità della prima ondata pandemica, nel corso del 2020 l’Istat ha rilevato un calo dei consumi nel Mezzogiorno (-10,7% sul 2019) inferiore rispetto alla media nazionale (-11,7%). Proprio i consumi sono la componente della ricchezza nazionale che maggiormente stenta a riprendersi. Il 2021 dovrebbe aver registrato una ripresa parziale più consistente nel Centro+Nord (+4,3%) rispetto al Mezzogiorno (+3,8%), un vantaggio che la Svimez Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno vede destinato a rafforzarsi nell’anno in corso (+3,7% contro +2,6%). Una dinamica che evidenzia la difficoltà di quest’area del Paese nell’intercettare la ripresa globale. Così si rischia un allargamento del gap, che a fine 2020 vede il Sud registrare un Pil per abitante di 18mila euro contro i 34.100 euro del Nord-Ovest e i 33mila del Nord-Est.

DIVARIO OCCUPAZIONALE

Confindustria e Srm rilevano anche una ripresa degli impieghi creditizi alle imprese del Mezzogiorno negli ultimi due trimestri del 2021, che fa ben sperare per gli investimenti nell’anno in corso. Anche se la fine delle moratorie sui prestiti in scadenza (misura adottata a inizio pandemia e scaduta il 31 dicembre scorso), potrebbe evidenziare qualche difficoltà. Di certo resta difficile la dinamica occupazionale, con il ricorso alle varie forme di sostegno al reddito nel Mezzogiorno aumentato in modo esponenziale da aprile 2020: nei primi dieci mesi del 2021 l’incremento è risultato in crescita del 553% rispetto allo stesso periodo del 2019. Inoltre, a partire dalla crisi del 2008, il progressivo peggioramento della qualità del lavoro, con la diffusione di lavori precari, ha portato a una forte crescita dei lavoratori a basso reddito a rischio povertà.

Chi paga il prezzo più elevato alla crisi strutturale del Mezzogiorno sono i ragazzi. Rispetto al 2008, l’occupazione giovanile si è ridotta di 669mila unità nelle regioni del sud, a fronte di una crescita di 706mila tra gli over 50. Per il 2023, Svimez si attende un Pil in crescita dell’1,9% nel Mezzogiorno e del 2,6% nel Centro-Nord, con il 2024 che vedrà ulteriormente rallentare la crescita, rispettivamente a +1,5% e +2%. Questo accade perché il Sud si presenta alla ripresa con una base produttiva ridotta, un’offerta più dipendente dalla domanda interna e meno reattiva alla ripresa del commercio internazionale, oltre che con un’industria manifatturiera e un terziario meno specializzati in comparti a maggior valore aggiunto. Ma le potenzialità non mancano.

INFRASTRUTTURE E COMPETENZE

Tra i fattori che zavorrano la competitività dell’area, Svimez segnala la mobilità sotto due profili: la dotazione infrastrutturale a lunga distanza (alta velocità ferroviaria e collegamenti aeroportuali) e l’offerta di servizi di mobilità a corto raggio.

“Per il Mezzogiorno si registra un duplice vistoso livello di sotto dotazione, da un lato quella relativa ai servizi del trasporto pubblico nelle aree urbane, dall’altro lato quella dei servizi innovativi e flessibili della sharing mobility”, sottolineano gli analisti. Ad esempio, nel Sud la rete ferroviaria locale elettrificata è appena un quarto (in proporzione all’estensione territoriale) rispetto al Centro e meno della metà in confronto al Nord. Mentre l’offerta di posti per chilometro nel trasporto pubblico al Sud è meno di un terzo rispetto alla media del Nord e meno della metà di quelle del Centro.

Non meno importante è il tema delle competenze. Nel Mezzogiorno è più elevata la frequenza di persone senza adeguate conoscenze digitali per affrontare le esigenze quotidiane (4,3% della popolazione) o con competenze basse (47,8%). Il divario riguarda l’istruzione più in generale. Nel Mezzogiorno solo il 38,5% degli adulti ha il diploma di scuola secondaria, mentre nel Centro e nel Nord si arriva al 45%. Quanto ai laureati, nel primo caso si fermano al 16,2%, negli altri due rispettivamente al 21,3 e al 24,25. Non va dimenticato il peso dell’illegalità, con organizzazioni criminali che soffocano l’iniziativa economica e riducono l’appeal degli investimenti nell’area all’economica sommersa. L’economia non osservata ha un peso molto alto nel Mezzogiorno, dove -secondo rilevazioni dell’Istat- vale il 18,2% del valore aggiunto, seguita dal Centro (13,2%). Quanto alle diverse componenti dell’economia non sommersa, non vi sono grandi differenze geografiche: a pesare di più è ovunque la rivalutazione da sotto-dichiarazione, che raggiunge un picco nel Mezzogiorno (pari al 7,6% del valore aggiunto), mentre è più contenuta nel Nord-ovest (4,5%). Infine, un altro problema strutturale è quello demografico. Il numero medio di figli per donna in Italia si attesta a 1,24, con il Mezzogiorno sostanzialmente in linea (1,23), ma in forte calo rispetto a 1,34 censito nel 2008. Le rilevazioni dell’Istat indicano che da più di un ventennio nelle regioni meridionali è in atto un processo di spopolamento che riguarda i centri urbani minori e le zone rurali interne, oltre che le persone a più alto tasso di scolarizzazione. Se questa tendenza non si inverte, nel 2056, le regioni meridionali dovrebbero perdere 5 dei 20,6 milioni attuali. In sostanza un abitante su quattro. In questo contesto economico vediamo come si muovono le imprese e quali strumenti considerano essenziali per garantire il nuovo #rinascimento del Mezzogiorno.

IL PUNTO DI VISTA DELLE AZIENDE
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Armando De Nigris, presidente di Acetificio De Nigris

Per avviare un rinascimento, per Armando de Nigris, presidente dell’omonimo Gruppo, è necessario far propria la consapevolezza che i nostri comportamenti non si esauriscono nell’atto isolato, ma in relazione agli altri e contestualizzati in un ambiente sempre più sociale. Dunque, dalla rinuncia a una visione così egoistica si può ripartire con un modello “rinascimentale”? “Si tratta -spiega de Nigris- di un Rinascimento che deve far propria l’idea che ripartire dal Sud significa farne proprio il valore del territorio, le peculiarità e le incongruenze: un equilibrio sul filo da mantenere con fatica, ma che può regalare grandi soddisfazioni. Qui il nuovo ordine economico nasce da una ricchezza che non parte dal denaro, ma dal lavoro e dal genio creativo delle persone, dalla collaborazione e dalla consapevolezza dell’altro. Questo dobbiamo fare nostro, raccontando attraverso il nostro lavoro il territorio che dona ai nostri prodotti quei valori di cui hanno bisogno per guadagnarsi l’appellativo del Made in Italy, tanto riconosciuto anche all’estero. Questo dobbiamo far nostro per essere promotori di modelli sempre più sostenibili”.

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Nuccio Caffo, Ad di Gruppo Caffo Antica Distilleria

Nuccio Caffo, amministratore delegato di Gruppo Caffo Antica Distilleria, entra più nel concreto: “A parte l’ottimizzazione della logistica, solo uno dei fattori di svantaggio che hanno le imprese del Sud rispetto a quelle ubicate nel Centro/Nord Italia, per un vero rilancio del Sud servirebbe l’azzeramento di tutti gli incentivi e l’utilizzo delle relative risorse per un intervento “strutturale” di almeno 30 anni, che consenta di trasformare l’Italia meridionale (o almeno le zone più svantaggiate) in una grande No tax area, dove la mancanza di servizi, filiere e opportunità venga “compensata” da uno sconto fiscale per chi decide di insediarsi ed investire. Sappiamo che l’azzeramento totale delle tasse è impossibile -sostiene Caffo- si può percorrere la via di una tassazione differenziata rispetto alle aree più ricche. Oggi, se vogliamo invertire la rotta, è indispensabile puntare su incentivi automatici che rendano conveniente investire nel Sud Italia anziché delocalizzare le aziende anche italiane nei Paesi dell’Est Europa o anche più lontano -continua Caffo-. Come infrastrutture penso ad un grande hub intermodale ferroviario che consenta al porto di Gioia Tauro di essere competitivo al 100% e non solo nel transhipment. Questa infrastruttura renderebbe competitive anche le aziende calabresi che vendono i loro prodotti nel Nord Italia o in Europa: gran parte del traffico su gomma verrebbe dirottato sulla linea ferroviaria con minori costi”.

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Francesco Garufi, direttore commerciale Retail di Caffè Borbone

Innovazione, digitalizzazione, fiducia e rispetto dell’ambiente sono gli elementi che possono accelerare e supportare i processi virtuosi finalizzati alla rinascita del Sud, ma più in generale leve per rendere l’Italia un Paese più giusto e avanzato, secondo Francesco Garufi, direttore commerciale Retail di Caffè Borbone: “Nel mondo in rapido cambiamento, l’innovazione è sempre più al centro di ogni percorso di crescita aziendale, sistemico o territoriale. Il Sud si caratterizza per una grande vitalità e capacità di innovazione nelle forze sociali e imprenditoriali. Parliamo di realtà che sperimentano già quel modello di sviluppo sostenibile, come noi di Caffè Borbone. Lo sviluppo sostenibile e la coesione devono diventare missioni per tutti gli attori, così da guidare le politiche e le strategie e rendere il Sud non solo attraente, come è, ma anche attrattivo per investimenti, persone, nuove idee”.

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Gianmarco Laviola, Ad di Princes Industrie Alimentari

Quella di Gianmarco Laviola, Ad di Princes Industrie Alimentari, è una chiamata al risveglio. “Le regioni del Sud devono prendere coscienza delle proprie risorse e potenzialità per giocare un ruolo attivo anche nella ripresa post pandemica che stiamo attraversando. Il Sud detiene una serie di caratteristiche che possono rappresentare leve cruciali per il successo dei nostri territori e prodotti: varietà unica del territorio a vocazione turistica grazie ad un clima che permette di attrarre turisti stranieri in ogni stagione dell’anno, una straordinaria concentrazione di eccellenze enogastronomiche e relative expertise produttive, un’incredibile vocazione all’agricoltura che permette la coltivazione di un’estrema varietà di prodotti 100% Made in Italy esportati in tutto il mondo per la loro qualità e una naturale vocazione all’accoglienza e alla diversità culturale”. Non mancano difficoltà strutturali che ostacolano questa fase di ripresa. Tra queste, Laviola inserisce la diffusione, in alcune aree, di attività legate alla criminalità organizzata che inibiscono le iniziative imprenditoriali delle realtà locali, la mancanza di policy idonee al rispetto dei diritti umani e dei lavoratori in determinati settori e la carenza cronica di infrastrutture. “Stiamo però assistendo -conclude Laviola- alla nascita di una nuova coscienza civile, stimolata dalle nuove generazioni e dalle nuove idee imprenditoriali. In questa direzione, anche i fondi previsti dal Pnrr daranno nuova linfa all’economia e alle comunità del Sud, in un’ottica sempre votata alla sostenibilità”.

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Caterina Murgia, Ad di Nieddittas

Secondo Caterina Murgia, Ad di Nieddittas, il Sud non è mai davvero morto; è certo rimasto indietro rispetto a gran parte d’Italia, ha affrontato sfide più limitanti rispetto ad altre regioni, ma non si è mai arreso. “Il Sud ora ha bisogno prima di tutto di strategia, di fissare lo scenario di crescita pre-Covid e ripuntare a quell’obiettivo -spiega Caterina Murgia-: ragionare strategicamente significa prendere coscienza delle risorse a disposizione e provare a sfruttarle nella maniera più razionale possibile. L’altro elemento chiave è la valorizzazione del territorio: le attività più diffuse al Sud sono quelle legate alla terra, ai suoi frutti e al suo ciclo di vita. Valorizzare il suo potenziale non significa solo rispettarlo e sfruttarne i prodotti: significa anche considerarlo come leva alla base di ogni azione programmata, dalle strategie di comunicazione al marketing, alla certificazione di requisiti di sicurezza e qualità”.

Dello stesso avviso, Giuseppe Torrente, responsabile acquisti de La Torrente: “Per me il Sud ha avuto già una rinascita! Ha so- lo bisogno di maggior consapevolezza e forza d’unione: la disgregazione è stata la vera causa dei problemi che hanno portato il Sud in questo stato di quiescenza. Oggi infrastrutture strategiche -realizzate e non solo progettate per ottenere risorse pubbliche- e una classe dirigente visionaria potrebbero permettere al Sud di esplodere e competere in termini numerici, economici e qualitativi al pari di altri Paesi. Il Sud è vivo: deve solo migliorare la sua coscienza e consapevolezza”.

TRASFORMARE GLI OSTACOLI IN OPPORTUNITÀ

Questo l’obiettivo del Sud nel mercato delle conserve vegetali per Giovanni De Angelis, dg di ANICAV. “Le conserve vegetali, in particolare il pomodoro, rappresentano un volano importante per l’economia del Mezzogiorno. Solo attraverso la capacità di tutti gli attori e delle istituzioni di fare sistema in un dialogo costruttivo e costante sarà possibile dare univocità ad azioni programmatiche indispensabili per sostenere e riconoscere il giusto valore ad un territorio dal potenziale enorme. Bisognerà porre la dovuta attenzione a tematiche fondamentali quali la sostenibilità ambientale e la responsabilità sociale. Legalità, trasparenza, rispetto delle regole e dei diritti sono e saranno valori imprescindibili senza i quali non potrà esserci alcun rinascimento. C’è assoluto bisogno di mettere in campo ogni azione utile al necessario riequilibrio territoriale, soprattutto in termini infrastrutturali, per riuscire nel difficile obiettivo di rilancio del Mezzogiorno”.

Coverstory Mark Up n. 307 marzo 2022

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