Unilever vuole alleggerire i gelati in portafoglio

L’azienda valuta lo scorporo del business dei gelati: troppo caro e i margini sono sottili. Possibile una quotazione separata

Il nuovo ceo di Unilever vuole ribaltare anni di risultati poco brillanti con un piano che mette al centro la separazione del ramo gelati. Lo riporta Bloomberg. Nel portafolgio dell’azienda trovano spazio marchi come Algida (con i suoi Magnum, Cornetto, Carte d’or, Cucciolone, Solero, Calippo, Viennetta e altri ancora) e Ben & Jerry's.

Unilever, possibile ipo per i gelati a Londra o Amsterdam

Come soluzione Unilever avrebbe pensato a una possibile quotazione separata per l’unità a Londra o Amsterdam. Non ci sono per ora maggiori notizie su un’eventuale quota di controllo che il gruppo potrebbe mantenere dopo la possibile ipo.

Gelato amaro per il business di Unilever

Il motivo della decisione? Il business dei gelati frutta la metà rispetto ad altri settori in cui Unilever è attiva, come quello della cura della persona, con marchi come Dove. L'anno scorso le vendite di gelati sono cresciute solo del 2,3%, il tasso più debole fra le unità nel portafoglio di Unilever. L'azienda ha aumentato i prezzi per compensare l'aumento dei costi di produzione, ma così gli acquisti sono calati. Ci sono poi fattori legati alla volontà di gestire un business con una logistica del freddo complessa. Già nel 2022 Ben & Jerry's aveva intentato una causa contro la sua società madre dopo che Unilever ha venduto le attività della prima in Israele dopo che il marchio ha interrotto le vendite dei suoi prodotti negli insediamenti in Cisgiordania.

Fare meno me meglio, il nuovo ceo dà la sua impronta a Unilever

Fare meno ma meglio: questo il mantra della guida Hein Schumacher, che da circa nove mesi guida Unilever. Il ceo starebbe pensando anche di vendere la sua partecipazione di maggioranza in Qinyuan Group, un produttore di depuratori per l'acqua cinese. La vendita potrebbe fruttare oltre 270 milioni di euro. Parte del piano anche una razionalizzazione dei costi da 800 milioni di euro in tre anni, che prevederebbe anche una sforbiciata a 7.500 posti di lavoro.

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