Il paradigma sta cambiando e serve ecoinvestire

Gli opinionisti di Mark Up (da Mark Up n. 285)

“Dormi preoccupato!”, mi ammoniva il mio caporale istruttore quando prestavo il servizio militare nel 4° Corpo d’Armata Alpino, tanto per tenermi sempre all’erta dal punto di vista psicoemotivo. “Dormire preoccupati” è da sempre di quanti, manager o imprenditori, si devono destreggiare ogni giorno per far sopravvivere al meglio le comunità che dirigono. Essere alla guida di attività imprenditoriali in momenti di grande transizione globale, economica e sociale, è più che difficile. È sfidante! E la sfida si gestisce quotidianamente solo con una visione che, prendendo spunto dalle esperienze passate, traduce in un eterno presente la visione dei segnali, più o meno deboli, che ci profilano il futuro. Non è compito da poco. Né per tutti.

Come sarà l’anno prossimo? A mio parere duro, ma non necessariamente più duro di quelli che sono appena trascorsi. Sta avvenendo un cambiamento epocale e globale. Ciò porta a moti sociali, prima che economici, che rendono torbida la visione e complicata la gestione.

Come già nel 1943 Alberto Savinio (fratello di Giorgio de Chirico) scriveva: “Il concetto ‘nazione’, che alle sue origini era un concetto espansivo e come tale ispirò di sé e informò le nazioni dell’Europa, ha perduto ormai le sue qualità espansive e ha acquistato invece qualità restrittive. Questo concetto è così diventato passivo, non è più centrifugo, ma è diventato centripeto, non risponde più a idee di sviluppo, di accrescimento, di allargamento, ma obbedisce a idee di impoverimento, di restringimento, di riduzione”. È indubbio che il tornare verso un mondo fatto di barriere, confini, dazi e localismi non possa che impoverire, prima culturalmente e di conseguenza economicamente, l’intero mondo. L’egoismo alla fine non paga, che sia in famiglia, in un condominio, in una città, in una nazione e ovunque sul Pianeta. A questo si aggiunge la crisi ambientale. Qui siamo tutti sulla stessa barca e l’esigenza di doverla fronteggiare sta portando a trovare neuroni funzionanti e cortocircuiti edificanti. E per tornare all’ambito più economico, l’esempio del cambiamento di paradigma, ormai inarrestabile, che sta portando il mondo fuori dalla visione unidirezionale consumistica per trascinarlo verso un concetto di circolarità di risorse, capacità e talenti è quanto sostiene la mia visione, sobriamente ottimista, sull’anno nuovo. Sarà proprio sui temi dell’economia circolare che si giocherà gran parte delle possibilità di rilancio economico e sociale. Una crescita virtuosa e non viziosa. E sotto questo profilo i segnali sono incoraggianti.

Se guardiamo all’annuale rapporto di Fondazione Symbola e di Unioncamere, “GreenItaly 2019”, giunto quest’anno alla sua decima edizione, scopriamo che oltre un’impresa italiana su tre ha investito negli ultimi tre anni in prodotti e tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale, risparmiare energia e contenere le emissioni. Queste aziende hanno un dinamismo sui mercati esteri superiore al resto del sistema produttivo italiano. Il 51% delle “ecoinvestitrici” ha registrato infatti un aumento dell’export nel 2018, contro un 38% di quante invece hanno deciso di non investire. Nel 2018 i “green jobs” hanno toccato 3.100.000 unità, il 13,4% del totale dell’occupazione complessiva, e sono destinati ancora a crescere. Questi, solo per citare alcuni dei preziosi dati compresi nel rapporto di Symbola. Dati che ci faranno dormire un 2020 “meno preoccupato” se sapremo coglierli nella loro forte indicazione di tendenza, da cavalcare e non subire, per il nostro Paese così come per il mondo intero.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome