Grande distribuzione: marciare divisi per colpire uniti

Mario Sassi - Senior advisor e blogger
A oggi si contano almeno quattro associazioni firmatarie di contratti nazionali

Il 2023 ci consegna una consapevolezza nuova e condivisa dalla maggioranza delle insegne della grande distribuzione. La naturale competizione tra le associazioni che le rappresentano non ha costituito, come in passato, un handicap in termini di visibilità e rappresentatività e ruolo perché il contesto economico, sociale e politico ha imposto una convergenza decisiva. “Marciare divisi per colpire uniti” ha funzionato. È un segnale importante. Parlare con una voce sola è decisivo in un contesto dove gli interessi in campo sono diversi, le dinamiche di filiera hanno acquisito un altro peso e il comparto stesso ha raggiunto un suo livello di maturità. A oggi si contano almeno quattro associazioni firmatarie di contratti nazionali (la titolarità di firma di un contratto nazionale è uno dei requisiti, che in larga parte, determina la scelta associativa). Federdistribuzione è la più rappresentativa. Conad, ha però la sua associazione (Ancd), aderisce a Confcommercio e applica il suo Ccnl. Un altro gruppo importante, Coop, ha la sua associazione (Ancc) e il suo contratto nazionale. E poi c’è Confesercenti, con il suo Ccnl, a cui aderisce qualche catena locale. Esistono poi altre associazioni che, a livello locale, consentono ad aziende e gruppi gdo e do di sottoscrivere contratti di lavoro in deroga a quelli nazionali. Questo pluralismo deriva dalla storia del comparto. Dalla competizione tra le diverse insegne, dalla personalità dei loro leader e delle attività sul territorio delle diverse sigle. Difficile, a consuntivo, distribuire torti e ragioni. La scelta di aderire o meno a un’associazione è comunque importante. Oltre a partecipare alle dinamiche di una comunità di cui se ne condividono interessi e aspettative, le associazioni mettono a disposizione una serie di servizi importanti per le singole aziende, ne coordinano istanze e iniziative e assicurano quelle attività di lobby precluse alle singole realtà. Le tre confederazioni che hanno maggiore peso nel nostro Paese sono certamente Coldiretti, Confindustria e Confcommercio. A queste confederazioni aderiscono poi le diverse federazioni di categoria dei settori coinvolti. L’anomalia della grande distribuzione è che Federdistribuzione non aderisce a nessuna confederazione. Dalla Confcommercio a cui aderiva, le strade si sono separate a dicembre del 2011 seguita da una serie di uscite di assestamento da e verso le due associazioni. Le principali sono Aires, che riunisce le principali aziende e gruppi distributivi di elettrodomestici ed elettronica di consumo da Federdistribuzione a Confcommercio nel 2013 con pure Assofranchising sempre nel 2013. Il lockdown e il rilancio, i contratti nazionali aperti, l’inflazione e il negoziato per attutirne gli effetti sui consumatori hanno “costretto” le diverse associazioni a trovare un percorso comune per meglio tutelare gli interessi in gioco. L’autorevolezza e la determinazione reciproca hanno funzionato e posto la grande distribuzione al centro della scena. A Federdistribuzione va dato atto di aver tirato il gruppo. Cosa che non era mai successo in passato. Un’altra spinta decisiva all’unità è venuta dall’iniziativa di Adm a Bologna. L’unica sigla che riunisce l’intera gdo e punto di riferimento riconosciuto per la filiera agroalimentare. Il suo successo fa riflettere. Temo però che solo una legge che certifichi la reale rappresentatività delle associazioni (datoriali e sindacali) e di conseguenza il diritto di firmare i contratti di lavoro, validi per tutti, possa innescare una spinta decisiva in senso unitario. “Insieme si partecipa ma solo uniti si vince” per ora resta solo uno slogan. Vedremo se, nel 2024, l’auspicio condiviso da molte insegne si tradurrà in risultato.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome