La filiera agroalimentare è la prima in Italia per valore aggiunto generato tra i principali settori del made in Italy, e la seconda economia europea per incidenza del valore aggiunto agrifood sul Pil (3,9%, seconda solo alla Spagna che raggiunge il 4,7%). L’aggregato ha raggiunto un fatturato nel 2021 di 204,5 miliardi di euro (+3,8% dal 2015) e occupa 1,4 milioni di persone, di cui 483.000 nell’industria del Food&Beverage e 925.000 nel comparto agricolo, con un valore aggiunto (inteso come contributo diretto al Pil) di 65 miliardi di euro.
“Il settore agroalimentare italiano si conferma anche nel 2021 un asset fondamentale per la competitività del Paese -commenta Valerio De Molli, managing partner & Ceo di The European House– Ambrosetti- oltre 200 miliardi di euro di fatturato realizzato, 50,1 miliardi di Euro di esportazioni (record storico), oltre 1,4 milioni di occupati coinvolti in 1,2 milioni di imprese. Non solo. Con 65 miliardi di euro di valore aggiunto generato equivale a più del doppio della somma del settore aerospaziale di Francia, Germania e Regno Unito e due volte e mezzo il settore automotive di Francia e Spagna”.
Il business verso l’estero è cresciuto nel 2021, superando la soglia dei 50 miliardi di euro, e centrando un valore record mai raggiunto nella storia: traguardo raggiunto con un solo anno di ritardo rispetto al target prefissato a Expo 2015, assicurando per il terzo anno consecutivo una bilancia commerciale positiva (3,3 miliardi di euro). Ora però si temono le ripercussioni del conflitto russo-ucraino, due importanti partner commerciali per la filiera agroalimentare italiana, anche a causa dell'incremento dei costi di alcune materie prime agricole. A ciò si deve aggiungere un’inflazione che non arresta la sua crescita. Difficoltà contingenti, che insieme ad altre strutturali chiamano la filiera italiana a fronteggiare sfide decisive e determinanti per proseguire e rafforzare il suo sviluppo internazionale.
I 5 temi del Forum
Per fare il punto sulla situazione soprattutto dell’export agroalimentare, settore determinante per la nostra economia, The European House-Ambrosetti ha organizzato e promosso la sesta edizione del Forum La Roadmap del futuro per il Food&Beverage: quali evoluzioni e quali sfide per i prossimi anni, che si terrà a Bormio il 17 e 18 giugno 2022. Cinque i temi portanti del Forum: impatto delle crisi contingenti sulle filiere e strategie per il loro rilancio; Italian Sounding; opportunità di Internazionalizzazione; sostenibilità; e correlazione tra alimentazione, sport e salute. Sul fronte internazionale, un focus rilevante sarà dedicato alle Filippine, Paese dall’economia in forte crescita (+18% negli ultimi 5 anni) che costituisce un mercato di importanza strategica per le grandi opportunità di sviluppo per le aziende del food&beverage italiane.
Esportazioni: superata la soglia dei 50 miliardi
Nel 2021 il comparto food&beverage ha riportato oltreconfine ricavi record, mai così alti nella storia. Una performance che tradotta in cifre equivale a 50,1 miliardi di euro, +10,8% rispetto all’anno precedente. Un andamento che ha permesso alla bilancia commerciale della filiera agroalimentare di registrare un surplus positivo pari a 3,3 miliardi di euro, ribadendo un trend che prosegue dal 2019.
Il vino è il primo prodotto per vendite all’estero, con il 14,3% dell’export totale agrifood e un giro di affari di 7,1 miliardi di euro. Osservando l’itinerario geografico che seguono i prodotti italiani alimentari, la Germania rimane il primo bacino di approdo, con una quota del 22,4%, crescita annuale del 6,6% e fatturato di 8,4 mld di euro. Seguono Stati Uniti e Francia, vicini tra loro (15,1% e 15%).
Nonostante il record decennale fuori dai confini nazionali, lo studio di The European House – Ambrosetti ha evidenziato alcune criticità. Il settore ha mostrato nel 2020 maggiore resilienza nei confronti della pandemia, con una perdita contenuta del valore aggiunto dell’1,8%. Ma nel 2021 è cresciuto meno degli altri principali comparti: pur riportando una progressione del 6,2%, è riuscita a fare meglio solo dell’industria farmaceutica (+2,2%).
Spostando poi l’attenzione verso l’export, la performance dell’ultimo biennio non si può definire sbalorditiva se analizzata rispetto agli altri settori. Nel 2019-2021l’incremento del 13,6% colloca l’agroalimentare al terz’ultimo posto nel ranking delle principali filiere italiane. Il Paese è inoltre solo 5° in Unione Europea per valore delle esportazioni alimentari, un valore pari al 65% dell’export tedesco e al 72% di quello francese. La performance del Paese non migliora guardando all’incidenza dell’export agrifood sul totale, pari al 9,7%, metà della quota spagnola e il 70% di quella francese.
La guerra minaccia export e import
Il conflitto tra Russia e Ucraina si è immediatamente fatto sentire sul costo delle materie prime alimentari. L’impennata dell’inflazione è stata avvertita già una settimana dopo l’inizio delle ostilità militari. Particolarmente colpito il grano tenero, il cui prezzo ha subìto un rincaro del 13%.Rilevanti gli impatti del conflitto sulla filiera agroalimentare italiana: i due Paesi valgono per 932,7 milioni di euro di esportazioni agrifood (con la Russia come 18° partner commerciale) e 901,2 milioni di importazioni (con l’Ucraina come 18° partner commerciale). È proprio dal lato importazioni che le minacce del conflitto sfociano in nuovi rischi per alcune filiere agroalimentari chiave del Paese: l’Ucraina è 1° fornitore di olio di girasole per l’Italia, 1° fornitore di semi e 2° fornitore di mais e elementi nutritivi per le coltivazioni, con pesi sul totale dell’import che vanno dal 15% fino al 63% (è il caso dell’olio di girasole, elemento chiave anche per alcune filiere di trasformazione).
L’Italia e la carenza di materie prime
L’Italia soffre la carenza di materie prime agricole e questo gap si è ampliato nel 2021. Un dato di fatto confermato dai numeri diffusi da The European House – Ambrosetti, secondo i quali, lo scorso anno, l’Italia ha aumentato di 1 miliardo di euro la sua dipendenza da materie prime agricole, raggiungendo un deficit commerciale complessivo di 8,5 miliardi nel 2021. In generale, analizzando l’andamento dal 2010 al 2021, il nostro paese ha perso oltre 85 miliardi di Pil proprio a causa di questa situazione che lo vede costretto ad acquistare da paesi terzi i prodotti necessari in ambito di produzione agricola. Spicca soprattutto la scarsità di cereali reperibile a livello nazionale, che comporta un deficit della bilancia commerciale di quasi 5 miliardi di euro, ma si bussa alla porta di fornitori stranieri anche per il pesce lavorato (-4,4 mld) e i prodotti ittici (-1,2 mld), la carne lavorata (-3,6) e gli oli e i grassi (-2,7), molti di questi proprio provenienti da Ucraina e Russia come visto prima.
Una ricerca per capire l’Italian Sounding
Quali sono le ragioni di questo contesto così problematico? The European House – Ambrosetti richiama l’attenzione su due motivi: la frammentazione delle imprese della nostra Penisola (il 92,8% fatturano meno di 10 milioni di euro), e il fenomeno dilagante dell’Italian Sounding indeboliscono la competitività della filiera agroalimentare italiana.
La ricerca realizzata in partnership con Assocamerestero che sarà ampiamente discussa nella due giorni di Bormio, chiarisce l’impatto sul sistema economico nostrano dei prodotti alimentari stranieri che suonano come italiani. Per avere un quadro meno disomogeneo, The European House Ambrosetti, ha condotto un sondaggio interpellando oltre 250 retailer internazionali presenti nei 10 mercati dove l’Italian Sounding è più diffuso e dove il giro di affari delle esportazioni agroalimentari made in Italy è pari a 23 miliardi di euro, cioè il 45,9% dell’intero export agroalimentare.
Obiettivi della ricerca: approfondire la presenza dei prodotti agroalimentari italiani sugli scaffali della Gdo nel mondo, creare un coefficiente per quantificare la discrepanza tra i prodotti italiani e quelli provenienti da paesi esteri e valutare la percezione dei vertici dei retailer stranieri sulle referenze italiane in termini di qualità e accessibilità all’acquisto.
I risultati della ricerca saranno presentati a Bormio e al dibattito che seguirà prenderà parte anche Manlio Di Stefano, sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale.
Sostenibilità a rischio
Nel 2050 la popolazione mondiale toccherà i 10 miliardi di abitanti, con conseguente aumento del 50% della domanda di prodotti agricoli. Un futuro prossimo nel quale si imporranno forme di consumo che tenderanno a privilegiare carne, frutta e verdura, con conseguenze inevitabili che spingeranno verso un maggiore sfruttamento del suolo e una crescita delle emissioni di gas serra, a cui si aggiungono già da ora condizioni climatiche sempre più instabili e imprevedibili. Per contrastare queste criticità è necessario pianificare politiche e strategie strettamente fondate sulla sostenibilità, come ribadisce la ricerca dedicata al tema presentata da The European House Ambrosetti. Tra i punti chiave necessari a realizzare la transizione della filiera agroalimentare, l’urgenza di favorire l’educazione alimentare promuovendo stili di consumo sano ed equilibrato, ampliare misurazione della sostenibilità con metodologie già esistenti (carbon footprint, water footprint ed ecological footprint) e implementare la ricerca di soluzioni tecnologiche abilitanti della transizione sostenibile.
Filiera agroalimentare italiana: numeri chiave
204,5 miliardi di euro il fatturato 2021
1,4 milioni gli occupati
65 miliardi di euro il valore aggiunto
50 miliardi di euro le esportazioni nel 2021 (+10,8%)
7,1 miliardi di euro il fatturato export del vino, prodotto f&b più venduto all’estero
Principale paese per l'export italiano: Germania con un giro di affari di 8,4 mld (+6,6% vs. 2020)
85 miliardi di euro di Pil, costo per l'Italia come deficit commerciale cumulato nel periodo 2010-2021