Barilla e la paternità, Crédit Agricole e l’asilo: quando le aziende superano le istituzioni

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Sempre di più le aziende che, in Italia, fanno meglio della politica nel colmare le lacune sul fronte del supporto alla famiglia, riaffermando un ruolo sociale

Le esigenze irrisolte delle famiglie con figli, e in particolare della componente femminile, sono chiare ed evidenti, ma non per questo vicine al trovare una soluzione concreta da parte del mondo istituzionale italiano. Le domande e le risposte sono tutte chiaramente leggibili nei dati e non necessitano di grandi dibattiti, bensì di grandi azioni, che tuttavia la politica fatica per diversi motivi a intraprendere. Chi invece sta facendo passi avanti è il tessuto imprenditoriale, o perlomeno una parte di esso, che prova a colmare con le proprie politiche interne le lacune del sistema-Paese. Si tratta di multinazionali strutturate, ma non solo. Anche i piccoli o i piccolissimi possono e sanno fare bene se hanno la cultura imprenditoriale adeguata: è questo, ad esempio, il caso di start-up innovative e nativo digitali, spesso svincolate da logiche di lavoro in presenza, processi decisionali rigidi e così via. Vediamo a seguire i numeri di scenario ed alcuni esempi virtuosi, come quello di Barilla con la paternità estesa, Kellogg Italia con la fertilità, Crédit Agricole e Fater con l'asilo nido e la start-up HrCoffee.

Uno scenario involutivo che richiede nuova linfa

Partendo, appunto, da qualche dato, secondo l’ultimo rapporto di Save the Children “Le Equilibriste: la maternità in Italia 2023”, nel 2022 il divario lavorativo tra uomini e donne si è attestato al 17,5%, ma è ben più ampio in presenza di bambini: nella fascia di età 25-54 anni se c’è un figlio minore, il tasso di occupazione per le mamme si ferma al 63% contro il 90,4% di quello dei papà, e con due figli minori scende fino al 56,1%, mentre i padri che lavorano sono ancora di più (90,8%). In generale, negli ultimi anni, il parental leave è diventato centrale tra i desideri di ogni dipendente sul posto di lavoro. Secondo un'indagine internazionale della piattaforma HR Remote, che ha intervistato 5.708 dipendenti a tempo pieno in 10 Paesi, è emerso che il 15% non usufruisce del parental leave, dichiarando di esitare a prenderlo per intero per paura di essere discriminati. Il 47% dei dipendenti rifiuterebbe un'offerta di lavoro se le politiche genitoriali dell'azienda non soddisfacessero le proprie aspettative. L'inclusività di un'azienda è più importante per i giovani tra i 25 e i 34 anni: quasi due terzi di loro (60%) hanno dichiarato di preferire aziende con politiche di congedo parentale inclusive. Inutile ribadire, dunque, che si tratta di politiche attrattive per i talenti, nonché a beneficio dell'intero mercato del lavoro e con conseguenti ricadute positive sul Pil nazionale grazie al maggior contributo di risorse.

Casi aziendali virtuosi nel 2023

Passando da esempi noti come Mondelēz, che in Italia ha ricevuto l’HR Innovation Award 2022, a casi più recenti, non possiamo che partire dall'annuncio che Barilla ha fatto il 10 ottobre di quest'anno: la multinazionale di Parma ha infatti reso nota la nuova policy di congedo di maternità e paternità, implementata dal 1° gennaio 2024, che garantisce a ciascun genitore 12 settimane di congedo retribuito al 100%. Nel caso in cui gli standard legislativi locali risultino più vantaggiosi, ovviamente, sono applicate le normative del Paese. Questo significa che in Italia il congedo di maternità resta quello attuale previsto dalla legislazione, ma che il congedo di paternità è esteso da 10 giorni a 12 settimane: un significativo passo avanti rivolto a ogni genitore, a prescindere dal genere, dallo stato maritale, dall’orientamento sessuale e dal suo essere o meno adottivo. Questo, spiega Floriana Notarangelo, chief diversity & inclusion officer del gruppo, "perché in Barilla siamo consapevoli che ogni famiglia è unica e che non esiste una figura genitoriale più importante dell’altra. Il nostro obiettivo è di creare, entro gennaio 2024, tutte le condizioni necessarie affinché le nostre Persone possano vivere con gioia l’arrivo di un figlio e quello di essere riconosciuti come un’Azienda a misura di genitore”. Un bel passo avanti anche per il posizionamento dell'azienda su temi sensibili, che in passato avevano creato qualche intoppo reputazionale.

Altro caso contemporaneo quello di Crédit Agricole Italia, il cui Ceo Giampiero Maioli, durante un'intervista su LinkedIn Notizie, ha annunciato che l'azienda si impegna da gennaio 2024 a pagare il 30% delle rette degli asili nido ai dipendenti con figli dagli 1 ai 3 anni. Un supporto per quel periodo post maternità che non prevede più da parte del legislatore l'agevolazione oraria od economica del primo anno dalla nascita.
La stessa Fater, joint venture paritetica tra Angelini Industries e Procter&Gamble ha annunciato il 23 ottobre 2023 l’introduzione del “bonus asilo nido” per tutti i suoi dipendenti. Il benefit prevede un rimborso fino a 250 euri netti al mese per un massimo di 12 mesi, per coprire le spese di iscrizione e di frequenza, le rette e la mensa relative all’asilo nido, sia pubblico che privato, sia in Italia che all'estero. Il bonus è rivolto alle persone Fater Italia con contratti a tempo indeterminato e di apprendistato che hanno figli in età da nido.

Di quest'anno anche le nuove politiche di Kellogg Italia a supporto di un altro aspetto della genitorialità meno indagato ma comunque difficile e delicato per chi lo affronta, ovvero quello dei trattamenti di fertilità e dell'interruzione di gravidanza. La multinazionale, che ha annunciato altresì il raggiungimento dell’obiettivo di parità di genere al 50:50 in Europa per i livelli di manager e senior manager, ha messo a disposizione permessi retribuiti per chi affronta le evenienze di cui sopra e per i rispettivi partner, senza peraltro dover produrre certificati medici al riguardo, nel rispetto della privacy. Messi inoltre a disposizione orari di lavoro flessibili e un'eventuale consulenza psicologica gratuita. Uguale attenzione anche per situazioni come la menopausa, con assistenza e spazi dedicati, nonché per chi affronta percorsi di gender transition, con misure di riservatezza, libertà di espressione e riconoscimento (vestiario e aggiornamento della comunicazione ai colleghi compresi) e accesso a servizi e strutture. Un modo molto concreto ed efficace per posizionarsi rispetto a temi sensibili, dall'aborto all'identità di genere, oggi ancora caldi nel dibattito politico del "primo mondo".

Ultimo esempio "in piccolo", per finire, quello della start-up pugliese HrCoffee, certificata Family Audit, che tra le misure a sostegno della genitorialità adottate, oltre alle più classiche flessibilità e smart working, prevede il babysitting nei giorni festivi lavorativi, sportello di ascolto, incontri e formazione sui temi della conciliazione.

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