Carrefour Italia lancia uno studio sull’endometriosi e politiche del personale specifiche

Il retailer fa da apripista con il congedo retribuito per le donne che soffrono di questo disturbo, ancora poco conosciuto

“Carrefour Italia conta su 11.000 lavoratori di cui 7.000 sono donne che devono lavorare in un ambiente che le supporta e devono sentirsi ascoltate”. Paola Accornero, general secretary and HR Director di Carrefour Italia, introduce così le ragioni per le quali ha istituto una policy per congedo retribuito per endometriosi, malattia che è stata al centro del convegno Dare voce al silenzio: Prevenire ed affrontare l'endometriosi” tenutosi nella sala “Caduti di Nassirya” del Senato.

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All’evento, promosso da Carrefour Italia su iniziativa del Senatore Andrea De Priamo, è stata presentata una ricerca su questa malattia che riguarda il 15% delle donne italiane (pari a circa 3 milioni), con un forte impatto sulla qualità della vita, perché può causare infertilità e altre problematiche con conseguenze sulla vita lavorativa, sportiva, economica e sociale.

Aprire un dialogo con le istituzioni

Il principale tema emerso è il ritardo nella diagnostica dell’endometriosi, spesso anche sottovalutata e trattata in modo inadeguato. “Vorremmo aprire un dialogo con istituzioni e associazioni per fare un percorso insieme, che aiuti a superare lo stigma su questa patologia attraverso l’introduzione di strumenti che aiutino ad affrontare con maggiore serenità una problematica di salute che influenza la quotidianità lavorativa, garantendo pari opportunità tra uomini e donne sul luogo di lavoro” ha affermato Paola Accornero.

 

Il silenzio sulla malattia è dovuto innanzi tutto alla sua scarsa conoscenza: infatti, è nota solo a 1 donna su 2. A livello sociale ed economico, l’endometriosi porta con sé vari problemi, dall’abbandono scolastico femminile, agli ulteriori ostacoli che si possono trovare nella carriera lavorativa delle donne, per la quale, l’assenza dal lavoro per necessità di salute una volta al mese costituisce uno svantaggio ulteriore nei confronti degli uomini.

“Carrefour ha ritenuto questo percorso necessario perché vuole che non ci siano ostacoli nella carriera di nessuno, invogliando le donne a conoscere la malattia e a conoscersi meglio -ha proseguito Paola Accornero-. Constatiamo infatti che l’11% dell’universo femminile pensa di essere affetta da questa malattia, ma non ne ha la certezza, quindi andrebbero attivati percorsi diagnostici”.

Paola Accornero direttrice HR Carrefour Italia

Carrefour si attendeva infatti la risposta di un 10% delle dipendenti a questa opportunità di congedo retribuito, mentre soltanto il 2% ha aderito, per le ragioni esposte dalla segretaria generale di Carrefour Italia. Per questo è stata data continuità al progetto con la ricerca commissionata dal retailer e realizzata da SWG.

“Per Carrefour è stato possibile sviluppare un percorso di questo tipo -ha continuato Paola Accornero- ma immagino che nelle piccole aziende, spesso sia difficile. Per questo debbono intervenire le istituzioni affinché ci siano sempre più percorsi di conciliazione tra vita privata e lavoro, proprio come quello adottato da Carrefour per il congedo di maternità, in base al quale viene concesso al padre o al secondo genitore 10 giorni in più rispetto alla legge, per dare un segnale che il carico genitoriale può essere meglio distribuito”.

La ricerca SWG

Vediamo alcuni risultati emersi dalla ricerca commissionata da Carrefour Italia. Secondo lo studio, solo 1 donna su 4, tra i 35 e i 55 anni, parla di aiuti economici e di azioni di sensibilizzazione all’interno delle aziende, che permettano di evitare pregiudizi sul posto di lavoro. Inoltre, il 51% delle intervistate individua nello smart working una delle principali soluzioni da adottare per favorire l’inclusione lavorativa, mentre il 33% chiede più giorni di congedo retribuito, mentre il 32% chiede azioni di informazione finalizzate a promuovere un accesso più tempestivo e appropriato ai percorsi specifici di diagnosi e cura. Il 24% vorrebbe avere un aiuto economico per sostenere le spese mediche e un altro 23% vedrebbe positivamente azioni di sensibilizzazione interna per evitare pregiudizi. Questo perché per il 76% delle intervistate l’endometriosi incide sulla stabilità psicologica ed emotiva, per il 61% gli effetti riguardano le performance lavorative, con conseguenze anche sulle possibilità di carriera per il 47%; infine, il 41% di chi ha risposto ritiene che si verifichino anche incidenze sui rapporti con colleghi e colleghe.

La situazione di forte disinformazione e confusione sull’endometriosi si riflette anche sulle abitudini e sulle scelte delle donne in materia di prevenzione e cura: solo una piccola parte delle intervistate (meno del 4%) è in grado di riconoscere correttamente sintomi, cause, conseguenze e possibili terapie. Quasi una donna su 2 pensa che per alleviare i dolori basti assumere farmaci antidolorifici, mentre il 35% crede che sia facile da diagnosticare, già alla comparsa dei primi sintomi.

Quasi il 60% delle donne che ha il dubbio di essere affetta da endometriosi non ha mai effettuato una visita di controllo: un dato allarmante, se pensiamo che si tratta di donne in età fertile, che, pur essendo consapevoli delle caratteristiche e delle implicazioni di questa malattia, non hanno ancora trovato il coraggio o l’opportunità di verificare le proprie preoccupazioni. La percentuale di donne che non si sottopone a controlli aumenta tra le over 45 e tra chi non conosce la malattia.

In generale, le donne più informate sono le under 45 e quelle con una scolarità più elevata, mentre le intervistate con una scolarità più bassa sono anche quelle che dichiarano di non averne mai sentito parlare (il 21%). Tra le donne intervistate, solo il 4% afferma di soffrire di endometriosi, 1 su 3 conosce almeno una persona che ne è colpita, mentre l’11% non esclude di poter essere affetta.

Le donne affette da endometriosi e/o che conoscono donne con questa patologia e le donne che hanno il dubbio di soffrirne dimostrano una maggiore conoscenza delle sue conseguenze nella quotidianità: l’82% sa che deve seguire precise terapie farmacologiche e il 62% è consapevole che dovrà assentarsi dal lavoro/scuola nei giorni del periodo mestruale. Il 35% è conscia che potrebbe far ricorso alla procreazione medicalmente assistita e il 27% sa che potrebbe essere sottoposta a interventi chirurgici di isterectomia per risolvere la situazione.

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