Lo spreco alimentare in Italia peggiora con la povertà: numeri e costi 2024

Chi si dichiara povero non solo mangia peggio, tagliando sul bio e sulle grandi marche, ma spreca di più. I dati dell'Osservatorio Waste Watcher

Le iniziative contro lo spreco non mancano da parte degli attori di tutta la filiera del largo consumo, così come nel dichiarato gli italiani prestano maggiore attenzione alla causa in ottica sia etica che economica. Eppure, i dati 2024 presentati dall'Osservatorio Waste Watcher in occasione della Giornata Nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare (5 febbraio) dipingono un quadro a tinte fosche.
Secondo il report nel nostro Paese risale lo spreco (+ 8%) e gettiamo 80,9 grammi di cibo ogni giorno, ovvero 566,3 g settimanali, per un costo di circa 290 euro annui a famiglia e un totale di oltre 7 miliardi, che salgono ad oltre 13 miliardi nell’intera filiera agroalimentare. L'indagine è stata realizzata per la campagna pubblica di sensibilizzazione Spreco Zero su monitoraggio Ipsos/Università di Bologna Distal, per la direzione del professore di economia circolare e politiche per lo sviluppo sostenibile Andrea Segrè, ordinario all’Università di Bologna, e per il coordinamento del docente Unibo Luca Falasconi.

Il binomio spreco-povertà: ragioni e numeri

Un contesto, quello sopra-descritto, che va di pari passo a quello che l'analisi definisce "allarme sociale": dal punto di vista socioeconomico, il ceto che si autodefinisce “popolare” (“mi sento povero e fatico ad arrivare alla fine del mese”) e che in Italia conta oltre 5,7 milioni di persone (oltre il 10% della popolazione secondo i dati Istat) presenta un allarmante aumento del 280% di insicurezza alimentare rispetto alla media italiana. E chi si dichiara “povero”, a differenza di quanto si possa pensare, non solo mangia peggio, ma spreca di più (+17%). Perché? In primis perché l’effetto prolungato dell’inflazione abbassa il potere d’acquisto e indirizza verso cibo di peggiore qualità e più facilmente deteriorabile. Un consumatore su 2 a basso potere d’acquisto cerca poi cibo a ridosso di scadenza per risparmiare, mentre il 41% sceglie il discount a scapito del negozio. Il 77% ha intaccato i risparmi per fare fronte al costo della vita, il 28% tagliato ulteriormente il budget per la spesa alimentare, andando a sacrificare il consumo biologico (7%) e le grandi marche (11%). Si spreca soprattutto frutta fresca, che svetta fra gli alimenti più gettati nell’ultima settimana (25,4 grammi di media), seguita da cipolle, aglio e tuberi, ma anche il pane fresco (20,1 grammi), insalate (13,8 grammi) e verdure (13,2 grammi). Nel complesso, si spreca di più al Sud, meno al Nord, più in città e meno nei piccoli centri. Soprattutto, sprecano di più le famiglie senza figli (+3%).
Se è vero dunque che iniziative come Too Good To Go e SpesaSospesa.org continuano a crescere e a presentare risultati positivi, i numeri e il coordinamento dell'intero sistema-Paese sul tema sembrano essere tutt'altro che sufficienti. Lo spreco, insomma, è una delle tante derive del calo del potere d'acquisto e di problemi più ampi che a livello di singoli progetti (tipici del tessuto italiano) non possono essere risolti, semmai solo localmente e parzialmente arginati.

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