Credere in se stesse è la carta vincente

Multitasking e sempre sorridente, Annalisa Sassi ci racconta le sue tante vite e ci regala uno sguardo ottimistico sul prossimo futuro, non privo di incertezze ma tutto da afferrare ... con l’aiuto delle donne (da Mark Up n. 293)

Che le donne lavoratrici siano piuttosto impegnate è qualcosa che non si discute, Annalisa Sassi, non fa eccezione, anzi, credo non abbia un minuto libero: donna imprenditrice, con la sua azienda, la Casale SpA, è di fresca nomina come presidente dell’Unione Parmense degli Industriali, vicepresidente di Fiere di Parma e vicepresidente di Crédit Agricole Italia.

Hai anche una vita privata?

Ho anche una vita privata, anche se deve integrarsi con la mia vita professionale.

Andando con ordine: tu come ti definisci?

Innanzitutto mi ritengo una imprenditrice perché ho sempre lavorato per la mia azienda. Parliamo di un’azienda storica di famiglia, produciamo prosciutto di Parma e prosciutto di San Daniele, prosciutti tipici italiani. L’azienda ha più di 120 anni di storia nella tradizione della salumeria parmigiana. Poi lavoriamo e commercializziamo tanti salumi in giro per il mondo, poiché, negli anni, abbiamo cercato di portare le eccellenze italiane nei vari mercati del mondo.

Quali sono le previsioni per chi si muove in un mercato come il vostro?

Come in molte altre occasioni, tutto il comparto dell’agroalimentare è resiliente alle crisi, non sarà quello che crea la ricchezza nei momenti di crescita, magari è anche meno appealing di altri comparti, ma c’è sempre, quindi, anche in questa situazione, si è dimostrato più resiliente rispetto ad altri settori. I progetti che abbiamo messo a terra negli anni scorsi, in questo momento, si sono rivelati una forza propulsiva, per esempio: tutti i contatti commerciali, che avevamo sviluppato nel 2019, hanno permesso, anche in periodo di lockdown, di continuare le attività di sviluppo commerciale, per cui siamo riusciti a mantenere dei livelli di produzione discreti. Quello che ha sofferto di più è stato tutto il comparto della ristorazione, non solo in Italia, ma anche e soprattutto all’estero, voglio citare il mercato degli Stati Uniti, in cui la parte della ristorazione è molto importante, data la dimensione del fuori casa, per cui chi era più coinvolto in questo ambito ha sicuramente sofferto di più.

Come Unione degli Industriali stiamo monitorando la situazione con dei survey mensili per capire se ci sono difficoltà per le aziende alimentari, che per noi rappresentano un grosso comparto, insieme all’industria e alla meccanica alimentare, così da potere intervenire dando loro supporto anche su situazioni specifiche.

Però devo dire che rispetto ad altre aree, che sono più in difficoltà in questo momento, come l’automotive o la meccanica, possiamo ritenerci un’isola felice, chiaramente con luci e ombre ma la situazione è più stabile.

Guardando la situazione invece dal punto di vista di VP di Crédit Agricole?

Crédit Agricole, anche per la sua storia che prende i passi dalle casse regionali di ispirazione agricola francese, è una banca che è sempre stata vicina sia al mondo dell’agricoltura sia dell’alimentare, questo lo fa con progetti specifici, di filiera, quindi con l’attenzione alle specificità di ognuna di esse, proponendo prodotti ad hoc in modo da venire incontro alle esigenze dei vari imprenditori. Quindi, una banca che forse più di altre conosce il mondo dell’agroalimentare, dall’agricoltura al consumatore. È anche partner di Fiere di Parma, di cui è uno dei più importanti share holder.

Come sei arrivata al board di Crédit Agricole?

Ho avuto, in passato, la presidenza dei giovani di Federalimentare, per me un’esperienza molto formativa e interessante, da lì, anche in relazione alla legge Golfo-Mosca, sono entrata nel Consiglio di Amministrazione, nominato dalla Fondazione Bancaria locale, e questo mi ha permesso di vivere un’esperienza professionale molto interessante e di altissimo livello, che si legava a una mia esperienza precedente, in quanto avevo lavorato in un ufficio legale bancario appena uscita dall’Università.

La banca, anche in relazione al gender gap, ha un’attenzione veramente puntuale e molto attenta, che ne fa, anche in questo senso, un’eccellenza perché l’attenzione è anche culturale, con l’obiettivo di avere una posizione di eguaglianza tra uomini e donne all’interno della struttura bancaria. È un ambito su cui la banca ha lavorato molto negli ultimi anni e devo dire che già oggi i risultati si vedono, abbiamo diversi ruoli apicali gestiti da figure femminili; penso sia un valore per la banca, come penso possa essere un valore anche per altre realtà nella nostra società.

Quindi tu eri un “quota rosa”?

Sì. Personalmente, penso che la legge Golfo-Mosca abbia contribuito ad un passaggio concreto del ruolo della donna all’interno delle organizzazioni. Credo sia stato un modo per crescere realmente per la nostra società, uno dei pilastri di questo cambiamento nel nostro Paese.

Secondo te abbiamo ancora bisogno di quote rosa?

Penso che ci sia ancora tanto da fare. Inoltre, anche le donne devono cambiare, smetterla di porre limiti alle proprie ambizioni e alle proprie aspettative lavorative, è necessario avere, noi, per prime, chiari gli obiettivi professionali che intendiamo raggiungere mentre troppo spesso ci accontentiamo, non abbiamo abbastanza fiducia in noi stesse. Dico sempre che non bisogna limitarsi. Chiaramente, a questo va aggiunto una grande preparazione, una profonda formazione e anche un grande rigore professionale, perché certe posizioni devono essere meritate. Però, accanto a una grande competenza, ci deve essere la volontà e la sicurezza personale di poterci arrivare.

Intanto che aspettiamo che questo succeda ... torniamo all’agroalimentare: previsioni per il mercato Italia?

Il mondo della distribuzione sta tenendo comunque bene, forse più di altri. In Italia, direi che non abbiamo un problema tanto di crisi dei consumi, perché la disponibilità c’è, a parte alcune situazioni di criticità che si possono essere. Mentre c’è più un problema di mancanza di ordini dei sistemi industriali, cioè di un’economia industriale che si è fermata, non tanto sui consumi, quanto su mancanza di ordini, soprattutto sui beni non di necessità. I comparti in cui si rimandano gli acquisti, oppure si rimandano gli investimenti, questi sì hanno un problema di tenuta del sistema degli ordini e, quindi, di vita dell’impresa.

Quasi più un problema di fiducia: gli italiani risparmiatori tenderanno comunque a spendere meno...

Esatto. Eppure, l’abbiamo visto anche con molte delle nostre aziende: se si mantengono dei sistemi di sicurezza, come i dpi, una gestione adeguata del profilo sanitario anche nella nostra vita quotidiana, penso che si possa andare avanti senza privarci del piacere di fare molte cose che facevamo prima del lockdown e che possiamo continuare a fare, anche adesso, mantenendo le mascherine e una forte igiene. In fondo non si tratta di grosse limitazioni.

Parlando di agroalimentare: un consiglio per i giovani?

Sicuramente direi che è un settore molto creativo, dove, oggi più che mai, bisogna interpretare i prodotti tradizionali in un modo nuovo, e anche comunicarli in modo nuovo.

Inoltre, è un grande comparto di attività industriale e professionale, spesso ce ne dimentichiamo ma è uno dei più importanti settori in termini di numero di occupati, e se lo pensiamo anche con l’agricoltura e la distribuzione, sicuramente è il più importante.

Inoltre, all’interno della filiera agroalimentare non c’è di che annoiarsi, sono tante le figure coinvolte: dai responsabili di produzione, a quelli della qualità, nonché le vendite, il marketing e la logistica, c’è di che scegliere con la coscienza di far parte di qualcosa di importante, che sostiene il Paese, anche in momenti difficili come questo.

Il tuo futuro come lo vedi?

Rimango una imprenditrice, legata alla mia impresa, sono partita qui e ritornerò qui.

Un sogno?

Costruirne un’altra!

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