Diversity e inclusione: un approccio aziendale ancora episodico e immaturo

A parole 8 realtà su 10 sono consapevoli dei vantaggi di business legati alla D&I, ma manca una visione olistica. I risultati dell'indagine ViewPoint

Mentre per le imprese sta arrivando l'attesa certificazione sulla parità di genere, che mette un primo punto a una valutazione oggettiva di uno dei (tanti) aspetti della D&I, facciamo il punto sull'approccio delle aziende a diversity e inclusione a livello più ampio. Ad offrirci un quadro della situazione internazionale è l'indagine di ViewPoint Are companies taking advantage of diversity & inclusion? condotta a marzo 2022 con la partecipazione di 568 clienti della Business Assurance di Dnv che operano in diversi settori in Europa, America Settentrionale, America Centrale e Meridionale, e Asia.
I dati su quanto una D&I intesa come politica strategica e olistica porti benefici al business in termini di innovazione, retention, conseguenti profitti e così via non mancano. Secondo McKinsey, ad esempio, le organizzazioni con persone di diversa provenienza hanno il 36% di probabilità di ottenere risultati migliori, mentre per le aziende che garantiscono diversità e inclusione, anche di genere, la percentuale è del 25%. "Le ricerche dimostrano come le organizzazioni che abbracciano l'inclusività abbiano una probabilità otto volte maggiore di ottenere migliori risultati di business e come le aziende con team di leadership più eterogenei registrino maggiori redditi da innovazione", conferma ulteriormente Barbara Frencia, Ceo di Business Assurance in Dnv.

Un approccio episodico e immaturo

Benché 8 realtà su 10 siano consapevoli di tutti i vantaggi sopracitati e attuino iniziative di diversity e inclusione, solo il 32% afferma si tratti di un aspetto critico per il business e meno di una su tre ha un approccio strutturale e continuativo al tema. Circa la metà (51,9%), infatti, si è limitata a un'iniziativa pilota o singola. Il 41,8%, poi, ha incluso principi e obiettivi nelle politiche aziendali, ma solo il 36,8% ha definito doveri di rendicontazione e responsabilità. Ancora meno sono quelli che misurano l'impatto delle azioni (20%). La maggiore attenzione delle aziende sembra concentrarsi sul miglioramento della cultura, del recruiting e della reputazione aziendale: fattori necessari ma non sufficienti per parlare di visione olistica e matura, autenticamente parte del dna d'impresa.
"Il nostro studio ha rivelato che sono poche le aziende che hanno collegato diversità e inclusione con le performance di business. La consapevolezza sta aumentando, ma la D&I non è ancora al centro del modo in cui operano. Pertanto, la maggior parte delle aziende oggi è ancora lontana dall'ottenere benefici di business", ribadisce Frencia: "Le modalità che consentono di progredire nella D&I, assicurandosi che contribuisca alla performance del business, non sono molto diverse da quelle con le quali si integrano e si affrontano aspetti come la gestione della qualità o dell'ambiente". Proprio come su fronti caldi come quello della sostenibilità, dunque, si tratta di adottare un cambio di passo, forzando almeno in parte quello che è il naturale conservatorismo della mente umana e, conseguentemente, dei decision maker aziendali. Da superare anche l'idea che questi temi siano una questione soprattutto etico-morale e sociale, anziché economica.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome