Food storytelling: si riparta dal brand

Gli opinionisti di Mark Up (da Mark p n. 284)

Food e digital: un binomio che negli ultimi anni ha prodotto una vera rivoluzione nel racconto di marca. Più di qualsiasi altro settore infatti, quello enogastronomico ha attraversato un radicale cambiamento. Ma proprio nel momento di maggior attenzione a questo tema, il nostro rapporto col cibo si va progressivamente raffreddando, privilegiando alla dimensione sensoriale-emozionale del mangiare, un tempo prevalente, quella meramente funzionale.
Bombardati a ogni livello da immagini di cibo e bevande, si è persa in qualche modo la dimensione esperienziale dell’assaggio, dell’attesa, del gustare con soddisfazione. Il risultato è un appiattimento generale dello storytelling, un fiume di contenuti tutti
apparentemente uguali. Come differenziarsi in questo oceano che sembra infinito? Si impone oggi come non mai la necessità che il brand torni a conquistare la propria centralità. È la marca l’unico elemento capace di guidare il racconto senza tradire l’identità
dell’azienda, e questo percorso vale anche per il digital, le cui dinamiche non possono più considerarsi relegate all’ambiente virtuale, ma vanno a modificare anche le dimensioni più analogiche del brand come il retail o il pack. Ciò che serve è una nuova estetica
del gusto nel digitale come chiave essenziale per la differenziazione, affinché i brand, messi nuovamente al centro, ritrovino la propria cifra e il proprio focus narrativo traducendolo in un linguaggio visivo originale, proprietario, distintivo. Non seguire i trend, ma dettare i trend, per uno storytelling che torni ad essere capace di fare la differenza ripartendo dall’estetica dei contenuti.

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