Gli ultrasuoni migliorano resa e qualità dell’olio di oliva

Il comitato scientifico a capo del progetto Ultrasuoni, promosso dall’Istituto Nutrizionale Carapelli e sviluppato da due atenei pugliesi, Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” e Politecnico di Bari
Una rivoluzionaria ricerca, promossa dall’Istituto Nutrizionale Carapelli, e sviluppata dall’Università degli Studi “Aldo Moro” e Politecnico di Bari, apre a nuove opportunità per la filiera olivicolo-olearia

Gli ultrasuoni migliorano la resa produttiva dell’olio senza che il prodotto perda le caratteristiche nutrizionali e organolettiche e quelle sensoriali: anzi, le rafforza. Arriva dall’Italia una tecnologia rivoluzionaria, concepita come modello di open innovation, promossa dall’Istituto Nutrizionale Carapelli e sviluppata da due atenei pugliesi, l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” e il Politecnico di Bari.

Gli attori della ricerca

La tecnologia è stata realizzata interamente dal Dipartimento Interdisciplinare di Medicina per la parte di ricerca tecnologica (Politecnico) e Dipartimento di Farmacia e Scienze Farmaceutiche (Università di Bari). Alla ricerca ha collaborato l’Università di Firenze, che ha partecipato, tramite il Dipartimento Neurofarba, per la parte relativa alla caratterizzazione analitica del profilo sensoriale e nutrizionale. L’Istituto Nutrizionale Carapelli, ente promotore, ha partecipato con la End User Validation. Ovvero la validazione della tecnologia attraverso gli utilizzatori finali, con il coinvolgimento di alcuni frantoi pugliesi — Frantoio Olearia Pazienza s.r.l. di Bitonto (Ba); Frantoio Mimì di Modugno (Ba); Frantoio Graco di Torremaggiore (Fg); Frantoio D'Amico Pietro a Cisternino (Br) — che hanno testato l’efficacia del nuovo impianto a ultrasuoni producendo olio extravergine di oliva da cultivar differenti in tempi diversi di raccolta.

Una tecnologia open innovation

La ricerca scientifica, pubblicata sulla rivista internazionale Molecules, è stata presentata a Firenze presso il Centro Congressi Sant’Apollonia. Ha dimostrato per la prima volta chel’impiego degli ultrasuoni negli impianti oleari, combinati con lo scambio termico, è in grado di ridurre le perdite di olio nella sansa innalzando le rese di produzione.

Maria Lisa Clodoveo, dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”-

“L’impiego degli ultrasuoni a bassa frequenza (20 kHz) rappresenta una strategia per rinforzare l’anello debole del processo di estrazione continuo dell’olio extravergine di oliva grazie agli effetti meccanici che l’onda sonora induce all’interno della pasta olearia -spiega la professoressa Maria Lisa Clodoveo dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”-. Per la prima volta grazie all’ultrasuono si ottiene un incremento medio di resa di 1,5 punti percentuali, senza compromettere il contenuto in polifenoli: in alcuni casi (con alcune cultivar e indici di maturazione) aumentandolo, ma al contempo ottenendo un profilo organolettico equilibrato, caratterizzato da una maggiore armonicità tra componente olfattiva e percezioni di amaro e piccante”.

Questa innovazione porta a sostituire l’obsoleta gramola dai moderni frantoi, considerata il “male necessario” per ottimizzare la separazione centrifuga dell’olio all’interno del decanter. I tempi lunghi della gramolazione, oltre a costituire una minaccia per la qualità dell’olio, rendono, infatti, questa fase di mescolamento della pasta olearia a temperatura controllata il “collo di bottiglia” del processo continuo. “Occorre rinforzare questo anello debole, introducendo un’innovazione efficace ed efficiente che consenta di raggiungere gli stessi scopi limitando tempi di lavoro, energia, acqua e olio e polifenoli nei sottoprodotti. Questo innovativo dispositivo, unico nel suo genere perché combina ultrasuoni e scambio termico, collocato tra il frangitore e il decanter incrementa la capacità  lavorativa, migliora le rese e determina un incremento dei composti minori”. Nessun brevetto: la tecnologia è stata concepita secondo un modello di Open Innovation per favorire la massima diffusione dell’innovazione e offrire così opportunità nuove in termini di reddito e sostenibilità dei processi alla filiera olivicolo-olearia.

Ricerca e innovazione chiavi di volta per garantire qualità dei prodotti e sostenere la competitività

Rispetto ad altri comparti dell’agro-alimentare il settore olivicolo-oleario manifesta scarsa propensione all’introduzione di innovazioni, perché legato culturalmente alla tradizione. L’ultima innovazione, rappresentata della separazione centrifuga degli oli in sostituzione dell’obsoleto sistema di estrazione a pressione, ha ormai più di trent’anni.

La ricerca e l’innovazione si dimostrano sempre più chiavi di volta per garantire qualità del prodotto e sostenere la competitività. Un esempio è il trattamento con raggi ultravioletti B sulla frutta e verdura in post-raccolta per determinare un notevole aumento nella produzione di polifenoli. “Per la prima volta nella storia dello sviluppo delle macchine industriali per l’estrazione dell’olio extravergine d'oliva si capovolge il paradigma che vede la resa inversamente correlata alla qualità del prodotto”. “La popolazione ha ormai uno stile di vita molto sedentario -sottolinea il professor Michele Carruba, presidente del Comitato Scientifico dell’Istituto Nutrizionale Carapelli-. E, soprattutto, sta abbandonando tutte quelle abitudini alimentari tipiche della dieta mediterranea. Da questo presupposto partono gli studi e le ricerche portate avanti dall’Istituto Nutrizionale Carapelli su alcuni alimenti, tra cui l’olio extravergine di oliva, per capire quanto possa essere importante per la salute. Sappiamo che introdurlo in una dieta allunga l’aspettativa di vita. Conosciamo anche i principi attivi che hanno un impatto positivo sul benessere fisico delle persone ma non sappiamo ancora come lo possano produrre. Per rispondere a tutte queste domande è fondamentale fare ricerca.

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