In vino veritas? Non sempre e non dappertutto

I MERCATI – Il rispetto autentico del potenziale di reparto richiede una maggiore attenzione alla costruzione di un assortimento che sappia mantenere le sue promesse (da MARKUP 207)

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Nel 2011 l'export di vino italiano ha superato i 4 miliardi di euro: uno dei tanti numeri che dicono del successo di questo comparto. E i numeri parlano solo di volumi, ma ciò che più conta, e che fa meritare ai produttori italiani un riconoscimento anche più importante, sono i risultati in termini di qualità. La vocazione artigianale dell'imprenditoria italiana ha trovato nel vino un settore ideale dove farsi valere. L'attenzione al prodotto e ai suoi rapporti con il territorio ha portato a una ricchezza di offerta che lasciamo al lettore di qualificare con un superlativo a sua scelta. Un'attitudine che è rimasta nel Dna anche delle grandi imprese, che ormai ci sono, ma che non hanno fatto l'errore di puntare ai volumi attraverso la standardizzazione del loro prodotto. Questo sforzo ha trovato risposta nei consumatori che hanno accompagnato le cantine nel loro percorso, sviluppando una cultura di prodotto molto diffusa, che è alla base del circolo virtuoso seguito dal comparto: una domanda sofisticata seleziona l'offerta, premia i migliori, li spinge a fare ancora meglio, dando ai consumatori un nuovo stimolo per sviluppare le loro capacità di scelta. Domanda e offerta si sono dunque incontrate, si sono piaciute e sono cresciute insieme.

Ritardi colpevoli
E la distribuzione, la parte finale della filiera che include la rete specializzata delle enoteche, la grande distribuzione e il fuori casa? Qui il giudizio è meno univoco e ci sono ancora ritardi che fanno perdere occasioni a tutti: a produttori e consumatori, ma, anzitutto, proprio ai distributori. Lasciamo da parte le enoteche dove la passione di chi le gestisce fa perdonare anche gli errori, e concentriamoci su distribuzione moderna e fuori casa dove si concentrano i volumi. Sono in sintonia con ciò che la produzione mette a disposizione e con la disponibilità dei consumatori alla qualità?

Sforzi in atto
Il retail ha fatto molti sforzi e gran parte delle insegne si sono rese conto del potenziale di questa categoria, fra le non molte non banalizzate. Ma i margini di miglioramento sono ancora ampi. Molti assortimenti, anche se presentati bene, includono troppi prodotti che non mantengono le promesse in rapporto ai prezzi (e ai margini) a cui sono venduti. Anche per le catene è arrivato il momento di mettersi definitivamente in sintonia con produzione e clienti e fare la propria parte per premiare chi merita e chiudere le porte a chi fa il "portoghese". Lo stesso vale per il fuori casa, dove si trova troppo spesso un'offerta inadeguata alla domanda e vini di bassa qualità venduti con ricarichi troppo alti. Molti esercenti non sembrano rendersi conto che i loro clienti estenderanno a loro il giudizio che danno al vino che gli è stato servito: se possibile, non torneranno o si limiteranno a consumazioni a basso valore aggiunto. Che siano occasioni perse lo dimostrano i dati della tabella a fianco dove, limitatamente alla cena, è riportata la percentuale di clienti dei diversi canali del fuori casa che consumano vino. Se chi opera nel fuori casa le analizza, ne ricava una considerazione assai evidente: in molti canali il consumo è disallineato. Perché i clienti sono diversi e le occasioni poco adatte al vino? Molto probabilmente la ragione è un'altra: perché l'offerta non è adeguata alla cultura di prodotto raggiunta dai clienti.

Clienti, occasioni e offerta

percentuale dei frequentanti del canale che a cena consumano vino/spumante abbastanza spesso/spesso/sempre
  vino spumante/prosecco
Area ristoro luoghi di Traffico 27,7 18,8
Fast food/self service 7,3 3,7
Pizzeria 31,7 7,3
Ristorante medio/alto livello 76,3 41,1
Trattoria 63,0 13,1
Bar serale/pub 23,5 10,5
Dance floor 70,7 38,0
Ristorante in catena 19,5 5,2
Locale trendy 70,3 44,4
     
Fonte: TradeLab, Le pratiche di consumo del fuori casa, rilevazione novembre 2011

Allegati

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