L’occupazione nella bioeconomia nei primi quattro paesi europei

Bioeconomia
Lo scenario macro suggerisce di accelerare nella transizione verso un modello di bioeconomia, che metta al centro il valore dei beni primari

La bioeconomia, vale a dire il sistema che utilizza le risorse biologiche (inclusi gli scarti) per la produzione di beni ed energia, è chiamata a giocare un ruolo primario nel processo di transizione. La pandemia di Covid-19 e lo scoppio del confitto in Ucraina hanno reso ancora più evidente la necessità di ripensare il modello di sviluppo economico in una logica di maggiore attenzione alla sostenibilità e al rispetto ambientale. È uno degli aspetti che emergono con maggiore forza dal rapporto “La Bioeconomia in Europa”

Giunto alla sua ottava edizione, è redatto dalla Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo in collaborazione con il Cluster Spring e Assobiotec-Federchimica.

I numeri

Secondo l’analisi, la bioeconomia nel 2021 ha generato un output di circa 1.500 miliardi di euro tra Francia, Germania, Spagna e Italia, occupando oltre 7 milioni di persone. Dopo aver subito meno del complesso dell’economia l’impatto della pandemia nel corso del 2020, l’insieme dei settori della bioeconomia ha registrato un significativo incremento lo scorso anno. Se si considera la sola Italia, la crescita sul 2020 è stata nell’ordine del 10,6% a raggiungere quota 364,3 miliardi di euro, circa 26 miliardi più del 2019. Di pari passo resta stabile l’occupazione a 2 milioni di persone.

Futuro incerto

Detto del passato, occorrerà del tempo per capire l’impatto del conflitto in Ucraina nei prossimi mesi. I rincari dei costi e le difficoltà di approvvigionamento degli input energetici e agricoli avranno un impatto significativo per alcuni comparti della bioeconomia (agricoltura, pesca, carta e prodotti in carta in particolare).
Gli autori del report sottolineano la necessità di accelerare verso l’adozione di processi produttivi più efficienti sul piano energetico, la produzione diffusa di energia elettrica da fonti rinnovabili e soprattutto sul riutilizzo delle materie prime seconde, in un’ottica circolare e locale.

I punti di forza

Tra i punti di forza della bioeconomia c’è in primo luogo la connessione con i territori di riferimento, con la capacità di creare filiere multidisciplinari integrate nelle aree locali e di restituire, grazie a un approccio circolare, importanti nutrienti al terreno. caratteristiche che la rendono uno dei pilastri del Green New Deal lanciato dall’Unione europea e declinato nei Pnrr nazionali.
“In un contesto reso ancora più complesso dalla guerra in Ucraina, occorre accelerare sul piano della sostenibilità ambientale”, è l’analisi di Gregorio De Felice, chief economist di Intesa Sanpaolo. “La bioeconomia può rappresentare una risposta importante in questa direzione, in particolare per le regioni del Mezzogiorno, che possono contare su una buona specializzazione in questi settori e su un elevato potenziale innovativo”.

Un’analisi condivisa da Catia Bastioli, ad di Novamont e Presidente Cluster

“In questo contesto di estrema vulnerabilità in cui la crisi del cambiamento climatico rischia di continuare ad alimentare la crisi energetica e delle materie prime, dobbiamo togliere ogni alibi e far scattare un’accelerazione senza precedenti verso una vera transizione ecologica”. Secondo Bastioli è importante “riconoscere il valore sistemico della bioeconomia circolare, il suo potenziale rigenerativo, i suoi bioprodotti come catalizzatori del cambiamento, le sue bioraffinerie in grado di sfruttare residui e by-products e di produrre bioenergia, nonché la sua capacità di diminuire l’utilizzo di risorse non rinnovabili, massimizzando l’efficienza e la sostenibilità delle risorse rinnovabili”.

Elena Sgaravatti, vice presidente di Assobiotec-Federchimica ricorda che dai cambiamenti climatici alla perdita di biodiversità, le crisi che stiamo affrontando sono le conseguenze dirette di un modello economico che è rimasto lo stesso dagli albori della rivoluzione industriale. “Occorre ripensare profondamente il modo in cui si crea valore, allontanandosi dall'economia lineare, sostanzialmente estrattiva. È necessario un profondo cambiamento trasformativo: abbiamo bisogno di un'economia circolare e rigenerativa su larga scala in piena coerenza con l’approccio ‘One Health’ che oggi ormai tutti riconosciamo come indirizzo strategico per una crescita sostenibile”.

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