Marketing & Retail Summit 2023: strategie per un business “beyond trade”

Navigare la policrisi e crescere sfruttando i trend e investendo nella giusta innovazione: spunti e visioni dall'evento di riferimento per retail e largo consumo

Non vivacchiare ma vivere, non crogiolarsi nell'odierna policrisi, ma adottare in pianta stabile un approccio innovatore. Questa la prospettiva con cui Cristina Lazzati, direttrice di Mark Up e Gdoweek (Gruppo Tecniche Nuove) apre il Marketing & Retail Summit 2023, appuntamento annuale di riferimento per il settore della distribuzione e del largo consumo. Vediamo a seguire alcuni spunti salienti emersi dalla mattinata, che ha visto sul palco anche i vertici della gdo offrire la loro visione strategica.

Crescere beyond trade con i giusti investimenti

“Ci troviamo in un contesto multiforme e in forte cambiamento, che impone riflessioni e iniziative significative”, sottolinea nel primo intervento della mattinata Andrea Petronio, senior partner e responsabile della practice Retail, Bain & Company. “Tre, in particolare, le domande che devono fare da bussola per le aziende al fine di orientarsi tra macro trend globali e tendenze di consumo, ovvero: quali ricadute avranno questi trend sul mio modello di business? Quali sono le opportunità che mi si offrono da cogliere? Quali costi e benefici si attendono? Tutto questo in un contesto dove crescono gli investimenti tech e la lotta per accaparrarsi poche risorse di talento in quest’ambito. Un esempio su tutti: l’intelligenza artificiale generativa, che sia sul fronte del cliente che della produttività si prospetta dirompente rispetto a tutte le funzioni aziendali e settori. Un motore di crescita in ascesa, poi, è quello del “beyond trade”, che ha diversi asset a disposizione: parliamo di nuovi prodotti/soluzioni che sfruttano capacità esistenti, rivolgendosi sia a nuovi clienti che a quelli già acquisiti. La trasformazione esg è in questo senso un must, ma molte aziende sul tema sono ancora ai blocchi di partenza. “I vincitori, in sintesi, libereranno fondi per investire e crescere, ricercando ‘maniacalmente’ la massima efficienza, anno dopo anno”, conclude Petronio.

Nuovi spazi di consumo che “non consumano”, ma ritrovano e rinnovano

“Sono cambiati i linguaggi del retail, pensate a come un tempo si parlava di showroom, mentre adesso al centro ci sono gli spazi di engagement. Il fattore umano resta la parte affascinante di questa attività, ciò che la alimenta e produce, un legame permanente conseguentemente destinato ad evolvere”. Questa la visione di Paolo Lucchetta, architetto e founder Retail Design. Una delle grandi possibilità offerte al retail oggi deriva dal coltivare da un lato la memoria, dall’altro dal creare nuove connessioni, dando vita a nuovi spazi in nuove aree, in primis attraverso la riqualificazione. Spazi dove si aggregano funzioni e persone all’insegna di moderni edifici ed idee che non consumano suolo, risultando sostenibili sia dal punto di vista sociale che ambientale. Tra i casi emblematici il Mercato Coperto di Ravenna, che rimette in gioco saperi e arti antiche in un ambiente contemporaneo, nonché il Mercato Metropolitano a Londra (Mayfair), situato dentro una chiesa anglicana, o ancora il supermercato di Ponte a Greve di Firenze, trasformato dopo un incendio.
Letizia Cantini, general manager di Svicom, distingue in particolare quattro categorie di luoghi: i destination center, nuove ancore per lo shopping place; gli innovation center, ovvero luoghi di sperimentazione tech; i value center, che contribuiscono alla costruzione della comunità, e i residential center.

Strategie di marketing specializzate secondo nuovi criteri di affinità del target e non più geografici

Uno scenario, quello attuale, dove non si può più parlare di leader di mercato, quote e gestione delle strategie di vendita utilizzando i criteri tradizionali. "In un territorio molto frammentato e diversificato come quello italiano i parametri abituali non sono sufficienti per definire le quote e leggere il mercato", evidenzia Stefano Cini, head of consumer & geomarketing intelligence NielsenIQ. “Negozi vicini, con la stessa superficie e lo stesso formato, se guardati nel dettaglio si rivelano molto diversi, perché attraggono target altamente differenti per stile di vita, d’acquisto e capacità di spesa”, riporta Gianluigi Crippa, senior partner Jakala: “A quattro chilometri di distanza possiamo trovare da un lato i cosiddetti golden shopper, dall’altro clienti con una capacità di spesa molto ridotta”. Da qui la costruzione di nuovi indici di singolarità per confrontare correttamente i punti di vendita tra loro, avendo come criterio base il tipo di acquirente. Ne deriva che la strategia di marketing e di comunicazione di due negozi lontani, ma simili da questa prospettiva di target, possa essere allineata. "La parola chiave diventa quindi specializzazione intelligente, così da evitare la cannibalizzazione e lo spreco delle risorse”.

Le competenze chiave che mancano al retail passano (anche) da una nuova cultura hr...

Secondo un’indagine condotta presso capi hr a livello internazionale, e presentata dal partner di Spencer Stuart, Gyorgy Konda, il 33% degli intervistati crede che nei prossimi 12 mesi metà del leadership team delle loro aziende cambierà. Solo il 16% pensa, poi, di avere un successore al Ceo all’interno dell’azienda e solo il 29% crede di avere i giusti successori per le seconde linee. Quello che manca a chi è al vertice oggi? In primis, la capacità di allineare le persone e valorizzarle (84%), secondariamente lo sviluppo e l’esecuzione strategica, ovvero la cosiddetta “messa a terra” della teoria (57%) e infine la costruzione di influenza e la collaborazione (51%). Guardando specificatamente al retail lo sviluppo futuro delle competenze è legato non solo al digitale, ma allo stesso ambito hr e alla capacità di reperire talenti. Tre, in particolare, le domande da porsi, ovvero: abbiamo pronto il giusto piano di successione? Se no, cosa ci sta limitando dall’averlo? E ancora: Stiamo investendo abbastanza nella formazione interna e su chi già abbiamo? Stesso discorso per l’attrazione delle risorse esterne, verso le quali bisogna rendersi più attrattivi.
Un tema, quello delle competenze, che non può essere disgiunto da quello dell’equità di genere e dalla valorizzazione dell’ “altra metà del cielo”, quella composta da una miriade di donne il cui talento è sminuito da logiche patriarcale. I numeri di questa discriminazione, ma anche di quanto il nostro sistema-Paese perde a causa di questa mancata valorizzazione sono ormai noti, come ricorda Grazia de Gennaro, responsabile comunicazione e del Sistema di gestione per l’equità salariale e pari opportunità Maiora–Despar e consigliera cda ArdIta Maiora, VP Associazione Donne del Retail. Una problematica che è sì globale, ma dove l’Italia risulta comunque tra i peggiori a causa di stereotipi culturali anacronistici ma duri a morire, legati in primis alla donna lavoratrice. A portare la sua esperienza di donna, tra le poche, nel retail, è poi Eleonora Graffione, presidente e amministratrice delegata Coralis e presidente Associazione Donne del Retail: “Molti uomini avevano scommesso sulla mia sconfitta, ma non hanno vinto”.

...e da una nuova cultura del lavoro

Spazio anche al tema di una diversa valorizzazione del lavoro, fondamentale non solo per una questione interna e di capacità attrattiva, ma anche per un più ampio miglioramento del potere d'acquisto e delle prospettive del sistema-Paese. "Il lavoro in Italia è precario e non retribuito adeguatamente, ma anche iniquo sotto più aspetti: il genere come l’età. I giovani sono peggio retribuiti e migliorare il salario, anche detassando il costo del lavoro, è imprescindibile per una più ampia ripartenza", denuncia la presidente di Coop Italia Maura Latini, veterana di battaglie sociali e sostenibili già "negli anni Sessanta, quando nessuno nella gdo parlava di ambiente". “L’86% dei nostri collaboratori ha un contratto a tempo indeterminato, stiamo lavorando tanto anche per garantire dei monte ore adeguati così come una giusta retribuzione, ad esempio monitorando e pagando il lavoro al minuto, ma anche con una maggiorazione importante le domeniche”, le fa eco il presidente di Lidl Italia Massimo Silvestri: "Abbiamo un programma di formazione per store manager e personale pdv che prevede tre settimane in negozio e una di formazione in Its".


La tecnologia da elemento abilitante ad asset strategico

di Francesco Oldani

L'avvento dell'Ai generativa è una rivoluzione che si sta realizzando a una velocità più elevata di quanto si immagini. L'intervento di Fausto Caprini, il visionario Ad di Retex "Artificial Retail & Retail Intelligence?" è eloquente circa la necessità di osservare il fenomeno con un'angolatura il più possibile ampia. L'Ai generativa con la sua potenza trasformativa ha impressionato molto ma l’Ai è già presente da tempo. E quello che sta producendo è un cambio delle condotte di consumo in quanto le scelte del consumatore sono già assistite dall'Ai in molteplici ambiti. Tuttavia l'Ai generativa, secondo Caprini, produrrà un impatto enorme anche e soprattutto sul versante retail e in molti ambiti correlati. Il primo è sicuramente il marketing che diverrà molto più personalizzato ed efficace.


"L'Ai ha un impatto sulla produttività enorme: dall'organizzazione dei flussi logistici, all'assortimento e alla gestione degli scaffali e altro. L'Ai modificherà il modo di lavorare negli uffici, nei processi, nel mondo impiegatizio. Ma in definita sarà enorme l'impatto sulla produttività. E questo a una velocità molto superiore a qualsiasi altra tecnologia precedente". Secondo Caprini, vi sono però ambiti in cui occorrerà effettuare delle valutazioni molto approfondite perché l'Ai tocca temi etici, sostenibilità e trasparenza.
"Nel retailer emergerà un nuovo modello di leadership, non più basato solo sulle competenze, ma che abbraccia una visione molto più ampia in cui agganciare il concetto di purpose dell'azienda".

Affrontato in più momenti della giornata di lavori è il tema assortimentale, focus dell'intervento di Dunnhumby, azienda inglese di data science per voce di Marco Metti, business development e Siro Descrovi, senior strategy customer lead. La possibilità di analizzare i dati di vendita e correlati con algoritmi sofisticati mette a disposizione dei retailer strumenti sempre più potente per proporre ai propri clienti ciò che effettivamente incontra le esigenze contestuali. La data science consente analisi più veloci e approfondite, migliore percezione delle esigenze dei clienti, una efficace visione d'insieme. La slide che segue è un riassunto sintetico degli effetti e dei benefici sul retail business.

 

 

Sempre su Ai e dati e sul valore intrinseco che se ne può estrarre è stato il focus dell'intervento "Food RetAIl" di Elisabetta Rigobello, responsabile marketing Di.Tech e Alfredo Barbieri, chief data scientist data science. Oggi lo stato evolutivo dei progetti Ai impatta profondamente nel settore food tanto che il 45% dei progetti è in questo settore (fonte: Osservatorio Ai del Politecnico di Milano). "Nei progetti di Ai, oltre a competenze tecniche servono anche competenze legali ed etiche" ha affermato Rigobello. Nel settore retail, la data science permette di avere previsioni molto più accurate su sell-out e sell-in lavorando una una molteplicità di elementi.

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