Per crescere impariamo dalla flessibilità dei piccoli

Gli opinionisti di Mark Up (da Mark Up n. 266)

Davide sta nuovamente vincendo contro Golia. Questa volta l’arena è il settore dei Fast moving consumer goods (Fmcg), in Europa e negli Stati Uniti. Un dato su tutti: negli ultimi cinque anni, negli Usa, le grandi aziende Fmcg, con fatturato superiore ai 5 miliardi di euro, hanno perso il 3% di quota di mercato nei confronti delle piccole aziende, per un totale di circa 20 miliardi di euro di mancato sell-out. Altrettanto è avvenuto in Europa. Perché? Si è inceppato il meccanismo basato sull’effetto scala, che ha guidato la crescita dei grandi produttori di marca negli ultimi cinquanta anni: scala nella produzione, scala negli investimenti promozionali e di comunicazione, scala nella distribuzione. Lungo la catena del valore le piccole imprese riescono ormai a essere competitive e più agili. Qualche esempio: la produzione è spesso esternalizzata a chi ha fabbriche da saturare. Un uso attento degli strumenti di marketing digitale, combinato con l’advocacy gratuita generata dagli utenti nei social media, ha ridotto la spesa in advertising. Quindi il modello tradizionale di crescita è morto? No, ma non è più sufficiente. Per tornare a vincere, le grandi aziende Fmcg devono aggiungere qualche freccia al proprio arco: ripartire dai bisogni non soddisfatti dei consumatori (fondamentale averne una mappa chiara e capire se si hanno marche e prodotti giusti per soddisfarli). Sfruttare l’ampiezza di gamma per coprire le differenti occasioni di consumo. Rivoluzionare la modalità di interazione, basandola sempre più su approcci personalizzati. Infine uno sguardo alla cultura e all’organizzazione con un approccio più agile per trovare nuove formule vincenti.

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