Progetti foodtech e Open Innovation, Barilla e Amadori investono

Nove aziende su dieci hanno intenzione di collaborare con un partner esterno nei prossimi tre anni secondo un report di Eatable Adventures

Lo scenario dell’agroalimentare (che vale il 16,4% del Pil del Paese), è dominato dall’estrema fluidità: tutto è rimesso in discussione e si cambia continuamente in corsa. In questo contesto è giocoforza puntare sulle sinergie: nove aziende su dieci hanno intenzione di investire o collaborare con un partner esterno nei prossimi tre anni (e l’85% lo farà già entro il prossimo anno). È uno dei dati salienti del primo report quantitativo globale sullo stato dell’Open Innovation nel settore agroalimentare rilasciato da Eatable Adventures, tra i principali acceleratori globali in materia foodtech, promosso da Verona Agrifood Innovation Hub.

Non solo università, sinergie anche con le startup per intercettare i nuovi trend

Il report ha considerato un campione di 43 aziende di medie e grandi dimensioni dell’agroalimentare in Europa (49%), America Latina (19%) e Nord America (29%). Il 78% dichiara di utilizzare già fonti esterne per portare innovazione all’interno della propria azienda. Su chi affidarsi permane il ruolo guida delle università e dei poli tecnologici (93%), seguiti dalla collaborazione con partner esterni (71%), ma importante è il crescente ruolo delle startup, fondamentali a intercettare i nuovi trend, tra scouting di realtà innovative (50%), investimenti diretti (25%) e incubazione (17%). Superfluo sottolineare che i pilastri dell’innovazione vedono in primis la sostenibilità, ma anche la tracciabilità e canali di vendita sempre più omnichannel (on e offline).

Ma su quali aree di innovazioni si concentrano gli investimenti? I progetti foodtech hanno raggiunto nel 2021 i 5,7 miliardi di dollari a livello globale (+85% rispetto all’anno precedente). Nove aziende su dieci puntano al miglioramento dei prodotti, poi le nuove tecnologie (57%) e l’efficientamento dei processi (53%), ma l’attenzione va anche alla creazione di modelli di business innovativi (46% delle imprese). “Implementare strategie di Open Innovation nel settore alimentare aumenta anche la redditività delle imprese, riducendo i costi operativi e sfruttando la crescente domanda globale di alimenti sani e sostenibili” commenta José Luis Cabañero, fondatore e ceo di Eatable Adventures.

Barilla e Amadori tra le aziende pioniere

Tra gli esempi di aziende italiane che investono in sinergie multi-stakeholder, il report riporta il caso di Barilla con Blufuture, l'Investor Arm, insieme al programma di accelerazione Good Food Makers. Blufuture ha 11 investimenti nel suo portfolio e Good Food Makers ha coinvolto oltre 600 startup e 150 manager del Gruppo in 5 anni. Quindi Amadori, che ha dato vita a una funzione aziendale dedicata e un Innovation Team, in cui raccoglie talenti da diverse aree aziendali per promuovere lo sviluppo di progetti innovativi e di co-sviluppo industriale in un’ottica di Open Innovation con realtà esterne.

Altro esempio virtuoso quello di Gruppo Cereal Docks, che ha sviluppato Grey Silo Ventures, il fondo di venture capital per investire e supportare startup in Europa e Israele e ha in portfolio per esempio xFarm, le cui tecnologie sostengono la transizione all’agricoltura 4.0. E ancora, il Consorzio Italia del Gusto, primo consorzio privato di imprese operanti nel settore alimentare e vinicolo italiano. “Il settore agroalimentare italiano sta comprendendo sempre più l'importanza di creare sinergie con nuove realtà emergenti e startup all’avanguardia” sottolinea Alberto Barbari, program director di Eatable Adventures.

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