Salary Guide di Hays Italia: nel retail pesa il nodo retribuzioni

Secondo lo studio Salary Guide 2024 di Hays Italia, nel retail migliora la soddisfazione dei dipendenti ma anche e lo scontento di molti professionisti

Nonostante l’impegno assunto dai retailer per incrementare l’engagement dei propri dipendenti dopo il Covid, il forte turn-over soprattutto a livello di professionisti non è scongiurato. Le basse prospettive di crescita e l’inadeguatezza delle retribuzioni spinge il 38% dei lavoratori a dichiararsi pronto a cambiare azienda. Questi i risultati più importanti della ricerca Salary Guide 2024 di Hays Italia, attore internazionale attivo nell’ambito del recruitment specializzato, quotato alla borsa di Londra. Il Salary Guide è una ricerca effettuata con il metodo survey online su un campione di 1.348 professionisti (prevalentemente middle e top management) e 828 aziende (18% micro/piccole, 26% medie e 56% grandi).

Soddisfazione nei dipendenti

Nel retail la ricerca riscontra un aumento della soddisfazione dei dipendenti, tuttavia ci sono ancora molte persone che si sentono insoddisfatte della loro vita lavorativa, della situazione economica e delle scarse opportunità di crescita professionale. Questi lavoratori sono spesso propensi a cercare nuove opportunità di lavoro altrove. Quando si tratta di scegliere una nuova azienda, il salario non è l'unico fattore preso in considerazione, ma anche il bilanciamento tra vita professionale e privata, i benefit offerti, l'ambiente di lavoro e le opportunità di sviluppo professionale.

Nel corso del 2023, è stato rilevato un aumento della soddisfazione dei dipendenti del settore retail riguardo il proprio impiego attuale, con una percentuale positiva del 56%. Benché tale dato risulti leggermente inferiore alla media di tutti i settori (61%), è comunque significativo. Allo stesso tempo, si è constatato un generale scetticismo riguardo alle opportunità di progresso di carriera all'interno dell'azienda attuale (44%). Inoltre, la maggioranza dei dipendenti non si aspetta alcuna promozione (64%) o aumento di stipendio (68%) nel 2024. Secondo Hays, le aziende dovrebbero prestare molta attenzione ai lavoratori insoddisfatti, che rappresentano oltre il 40% della forza lavoro. Il 38% dei lavoratori sarebbe disposto a cambiare lavoro, mantenendo la stessa posizione o settore, se le loro esigenze non sono soddisfatte. Per i lavoratori, la retribuzione è sicuramente importante, ma non è l'unico fattore da considerare quando si valuta un'offerta di lavoro. Il mix di elementi che più conta per i lavoratori è composto dalla work-life balance (per il 52%), benefit (50%), ambiente di lavoro (44%) e crescita professionale (42%).

La questione retributiva

Nel settore retail, la leva retributiva è un fattore critico nella scelta dei lavoratori. La ricerca di Hays Italia ha rilevato che nel 2023 lo stipendio medio (Ral) per middle e top management si aggira intorno ai 43.000 euro. Chi ha esperienza di 2-5 anni guadagna 36.000 euro, mentre chi ne ha oltre 10 arriva a 61.000 euro. Anche se il 58% è soddisfatto della paga, il 52% crede di non essere pagato in modo adeguato rispetto alle responsabilità attuali. Ben il 58% non ha ricevuto un aumento di stipendio nel 2023 e il 68% non si aspetta un aumento né una promozione.

Il valore dei benefit e del lavoro flessibile

Oltre allo stipendio, i benefit sono cruciali nell'attrarre o mantenere i talenti. Il 50% dei lavoratori valuta i benefit quando considera una nuova offerta lavorativa. Attualmente, il 67% dei professionisti del retail riceve benefit come computer, telefono, buoni pasto, assicurazione sanitaria e lavoro flessibile. Tuttavia, l'auto aziendale (57%) e lo smart working (52%) sono i benefit più apprezzati. Anche nel settore retail, i lavoratori apprezzano il lavoro flessibile per bilanciare la vita professionale e personale, piazzandosi al secondo posto tra i benefit preferiti. Entro il 2023, il 38% sarà "obbligato" a lavorare solo in ufficio, mentre il 40% adotterà una formula ibrida per 2-4 giorni lavorativi in ufficio. Molte imprese non hanno intenzione di cambiare il modello di lavoro nel 2024, dal momento che il 55% dei dipendenti è soddisfatto. L'anno scorso, un'indagine generale ha anche dimostrato come quasi un terzo dei lavoratori, in tutti i settori, sarebbe disposto a dimettersi se obbligato a lavorare in ufficio.

Manuela Vergano, director Hays Italia

Per approfondire il tema Mark Up ha incontrato il direttore di Hays Italia Manuela Vergano e Carlo Mancini, consulente di Hays Italia

Stiamo vivendo ancora una fase post-covid che ha generato fenomeni epocali nel mondo del lavoro come le grandi dimissioni e silent quitting. Le persone hanno ridimensionato notevolmente il concetto di lavoro in termini valoriali. Tuttavia, la vostra ricerca evidenzia un cambio di percezione: le persone per la prima volta negli ultimi anni dichiarano in percentuale significativa maggiore soddisfazione. Quali le motivazioni?

CM - Il Covid è stato un crocevia importante perché ha sicuramente determinato una sensibilizzazione rispetto a determinati temi, soprattutto legati al coinvolgimento dei lavoratori, dipendenti e collaboratori e quindi anche dei candidati. Per la prima volta il wellbeing dei lavoratori è diventato un elemento importante e il welfare aziendale ha conosciuto uno sviluppo. In generale si è cercato di mettere la persona al centro dell'azienda in termini di engagement nei progetti aziendali. Questo ha spinto le aziende a consolidare e ampliare tutte le tematiche relative ai corsi di formazione. Anche nel retail si è cominciato a spingere su corsi che costruiscono elementi di soft skill come la leadership, riconoscendo anche delle indennità legate agli orari e agli impegni utili per consentire alle persone di pagarsi i canoni di locazione necessari per spostarsi sul territorio nei diversi punti di vendita in funzione delle esigenze della rete. Il mondo delle imprese ha reagito positivamente alla dinamica di allontanamento dal lavoro delle persone.

Nella ricerca emerge che, soprattutto nel mondo retail vi è una scarsa possibilità di carriera. Quali sono le motivazioni dal vostro punto di vista?
CM - Prima di rispondere è necessario fare dei distinguo rispetto al mondo del retail che è eterogeno e diversificato. Da una parte possiamo considerare tutto il mondo legato al fast fashion e alla grande distribuzione che hanno caratteristiche assimilabili. Hanno margini unitari ridotti e alti volumi. Sul versante opposto abbiamo segmenti quali il lusso e il retail premium. Ambiti caratterizzati da altri margini e quindi da strutture anche più snelle del mass market. Rileviamo che in questo secondo macro-segmento, (lusso e del premium) le possibilità di carriera sono sicuramente superiori rispetto al retail mass market.
In ogni caso, quello che gioca moltissimo a favore della carriera in ambito retail è la mobilità territoriale in quanto è molto difficile crescere nel punto di vendita in cui si inizia un percorso professionale. E la mobilità territoriale in Italia non è semplice da attuare per le persone.

MV - Dopo il Covid, le esigenze dei dipendenti sono cambiate moltissimo, nel senso che sono molto più attenti all'equilibrio tra vita privata e vita professionale. In generale vi è meno disponibilità a sacrificare per la carriera aspetti della vita privata e questo mette in difficoltà le aziende retail. La mobilità territoriale in Italia è un fattore critico su cui occorre porre la massima attenzione. Paradossalmente oggi è più facile spostare un candidato da Milano a Madrid che da Milano a Brescia.

Passando al tema del work-life balance. Come le imprese retail stanno lavorando per migliorare questo importante aspetto?
CM - Il tema è complesso. Diversamente da molti altri settori in cui la pandemia ha introdotto diffusamente lo smart working, il retail per sua caratteristica intrinseca rende in molti casi impossibile il lavoro agile. Comunque, i retailer stanno compiendo degli sforzi per migliorare il bilanciamento tra vita personale e vita lavorativa cercando di migliorare la gestione dei turni introducendo elementi di flessibilità che tengono conto anche della composizione demografica della propria forza lavoro.

Secondo la vostra ricerca, il 44% degli intervistati è scontento dell’ambiente di lavoro al netto delle valutazioni sulla componente retributiva. Quali sono le cause e come si può rimediare a questa insoddisfazione?
CM - Ricorre anche in questo caso il tema della mobilità territoriale che impatta negativamente sulla sfera privata a causa degli spostamenti, dell’impegno e del tempo che questi richiedono. Per mitigare tutto questo, a determinate figure quali gli store manager o gli area manager è riconosciuta un'indennità o gli vengono riconosciuti determinati benefit come l'autovettura aziendale. Si tratta di benefit che sono utilizzati in modo promiscuo. Tuttavia, per lavoratori che hanno famiglia e figli con impegni extra lavorativi, la gravosità della condizione pesa.

MV - Spesso si approccia al retail da giovane, in un momento in cui si affianca agli studi un part-time. Quando si è giovani e si è in una fase di studio, si riesce ad essere molto più flessibili rispetto a una fase successiva in cui vi sono i vincoli familiari. Ma il retail chiede comunque flessibilità e da qui si comprende il valore del dato di scontento circa l’ambiente di lavoro.

Passiamo a nodo dolente delle retribuzioni..
CM - Oggi il costo del lavoro ha un'incidenza sempre maggiore. E quindi tante realtà del retail utilizzano delle formule contrattuali per i responsabili di negozi piuttosto che di area, che in gergo tecnico sono definite forfettizzazione che comprende delle indennità. Ma le forfettizzazioni determinano anche ritmi di lavoro molto elevati: oggi troviamo persone che lavorano fino a 70 ore settimanali in occasione di eventi stagionali, inventario e altro. Anche questo alimenta lo scontento a cui abbiamo accennato.
Poi occorre sottolineare ancora una volta che il retail mass market come la gdo e il fast fashion, a causa della bassa marginalità concede stipendi più bassi rispetto ad altri ambiti del retail

Complessivamente, anche in funzione dello studio che avete fatto, quali sono le considerazioni per concludere che si possono fare sulle prospettive future del settore rispetto al macro-tema della forza lavoro?
CM - Una delle evidenze che abbiamo riscontrato è che l’esplosione dell’eCommerce correlato alla pandemia, ha lasciato il passo al retail fisico: il punto di vendita rimane centrale e fondamentale per il consumatore. La tecnologia sicuramente può supportare, aiutare, ottimizzare i processi, ma non può sostituire la presenza fisica del personale all'interno dello store. A fronte di ciò, le aziende dovranno necessariamente inventarsi qualcosa di diverso per migliorare il benessere aziendale, non potendo sfruttare al massimo il concetto di flessibilità e smart working che gli altri settori hanno utilizzato. Il tema retributivo comprensivo dei benefit sarà sempre più centrale perché da questi aspetti dipende in larga misura la mobilità territoriale.

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