Store brand, la segmentazione è sempre più consumer-oriented

Store brand 2 – Le nuove linee coprono categorie essenziali per il valore aggiunto delle insegne. (Da MARK UP 186)

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1. A differenza di altri paesi europei come Regno Unito, Spagna
e Francia, in Italia gli store brand hanno ampi margini di sviluppo

Nella tabella sulla concentrazione, i valori particolarmente interessanti riguardano il peso degli store brand sulle prime 50 categorie e sul paniere più ristretto delle prime dieci. In effetti, è proprio su questo terreno che si misurano le differenze più evidenti: per esempio, nel caso del nostro paese si registra un'incidenza abbastanza elevata sulla top 50, anche se i valori sono molto lontani da Regno Unito, Spagna e Germania; ma la situazione cambia molto se si scende nel dettaglio, e cioè al paniere ristretto (10 categorie). In questo caso, l'Italia fa meglio solo della Germania e della Grecia, ma è ampiamente sotto i livelli registrati da Regno Unito (55,3%), Spagna (41,3%) e Francia (38,4%).

In alcune categorie gli store band possono raggiungere quote che vanno mediamente dal 25% al 40%. È interessante sapere che le marche dell'insegna in generale (rimanendo sempre nel mercato italiano) sono cresciute 5 volte di più rispetto alle marche industriali, e il triplo rispetto al mercato; ma è molto più stimolante sapere che Conad è leader in 75 categorie delle 250 nelle quali è presente con lo store brand.

Fatto 100 il mercato costituito dalle categorie che realizzano l'80% del fatturato, l'Italia evidenzia una quota abbastanza in linea con gli altri paesi europei presi in esame da Iri, superando di un punto percentuale addirittura il Regno Unito. Si tratta di un aspetto solo in apparenza di natura statistica. Sugli store brand si gioca una partita che non è più di natura squisitamente commerciale, ma impatta più o meno sensibilmente sul posizionamento dell'insegna anche in termini di qualità, offerta, garanzia e assicurazione, e valore aggiunto per il consumatore.

Il grafico “I 4 segmenti emergenti degli store brand” visualizza, in modo elementare ma sufficientemente chiaro, la direzione nella quale i gruppi distributivi più importanti si sono già avviati (con tempistiche diverse secondo i mercati e le culture nazionali) nella segmentazione degli store brand. Il cui zoccolo duro - raffigurato graficamente dal cerchio nell'intersezione dei due assi - è sempre rappresentato dai prodotti con marchio dell'insegna presenti nelle categorie del largo consumo confezionato, secco e fresco. L'universo è costituito da 345 categorie (livello 3 Ecr Italia). Cambieranno le mode e i trend di consumo, ma rimane sempre valida la curva ABC: per cui circa 160 categorie contribuiscono per l'85-90% dell'assortimento nazionale di una catena o di un gruppo distributivo. L'altro 10-15% è realizzato dalle rimanenti 185 categorie. Date queste premesse, è chiaro che gli store brand devono coprire almeno la parte A della curva: costituita da non più di 70-80 categorie.

La private label può aspirare alla co-leadership o alla posizione di second leader all'interno di una specifica categoria. Nel mercato italiano gli store brand tendono a diventare sempre più un'alternativa al leader, in alcuni mercati esteri, come Svizzera e Regno Unito sono essi stessi leader.

Il grafico “I 4 segmenti emergenti degli store brand” è una rappresentazione esemplificativa dei quattro marco-universi di specializzazione degli store brand in Europa. L'asse orizzontale (ascissa) identifica l'approccio responsabile del consumo, sia in senso etico (es. prodotti solidali), sia sul piano dietetico-salutistico, nel quale inseriamo anche i prodotti biologici.

Sull'asse verticale è figurabile il percorso più classico del consumo i cui estremi sono gli universi della qualità/premium e i prodotti di primo prezzo (value for money).

Le marche dell'insegna
si specializzano

L'area più distintiva e interessante è quella che riporta alla sfera della salute/benessere. Questo mondo merceologico si distingue in 4 macro-categorie:

1) prodotti salutistici, come i light o i prodotti a basso contenuto di grassi o di sale. Alcuni esempi sono il sistema del quadrifoglio di Albert Heijn oppure le etichette nutrizionali di
Waitrose che con opportuni codici colore permette ai consumatori di individuare subito i prodotti ad alto contenuto di grassi piuttosto che di sali (vedi www.wait­rose.com alla voce health & nutrition). Anche i discount sono entrati nel mercato della salute, come Lidl che in Italia ha lanciato Linessa;

2) free from o prodotti per special diet: si tratta soprattutto di prodotti rivolti a consumatori con intolleranze alimentari, e includono pasta senza glutine, prodotti per diabetici, per intolleranti a latte e lattosio, prodotti speciali per donne in maternità, vegetariani e vegani;

3) prodotti funzionali o nutraceutical che integrano valenza alimentare a vantaggi sulla salute;

4) linee specifiche per i bambini, come Club 4-10 di Coop Italia, Kids di Tesco.

Fino a una decina d'anni fa, l'assortimento degli store brand era costituito essenzialmente dai prodotti alimentari di largo consumo (regular store brand), posizionati in chiave di convenienza rispetto al brand leader (dal 10% al 25% in meno). I quattro mondi merceologici descritti non sono una novità della distribuzione, è ovvio; ma riflettono una maturazione nella concezione strategica delle private label che ha portato i gruppi e le insegne distributive a una segmentazione del loro assortimento orientata a una considerazione più attenta e articolata di specifici target di consumo.


Allegati

186-MKUP-StoreBrand2
di Roberto Pacifico / marzo 2010

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