Unicoop Firenze – Barilla

Editoriale – Unire il profitto ai valori umani è possibile, secondo Campaini di Unicoop. L’approccio corporate di Barilla, passata da un’immagine di profit earning a una di profit sharing. (Da MARK UP 196)

Nei mesi scorsi abbiamo avvicinato le strategie di Coop a quelle di Barilla.
Nonostante i principi e la vision di insieme siano differenti, ci sono parecchi punti di comunione fra le due imprese italiane. MARK UP insiste anche questo mese sfruttando i risultati dell'ultimo simposio organizzato a Milano da Barilla Center for Food & Nutrition e l'uscita di un libro-intervista di Turiddo Campaini, “Un'altra vita è possibile”, edito da Dalai editore. I punti in comune sono la visione di lungo periodo e l'adozione di valori che vanno al di là delle mere implicazioni imprenditoriali.

1. Un'altra vita è possibile
La storia personale e professionale di Campaini è improntata al rigore e alla misura. Il suo modo di fare cooperazione si distingue per la scarsa apertura alle varianti: alla base di tutto c'è etica, visione sociale e cooperazione, punto a capo. Le attività di Unicoop Firenze, piacciano o meno, sono tutte improntate a questo modo di leggere il mercato, l'economia, il retail e i cambiamenti del consumo. Le grandi superfici, supermercati e superstore sono il modello preferito dai consumatori? Bene, li facciamo, dice Campaini ai suoi, ma guardando ai bisogni della gente, di consumo e di relazione. Aprendo lo scorso anno Prato ovest ha rinunciato a fare un ipermercato perché non più in linea con questa visione. Nel centro ha preferito aprire spazi per i giovani, alleandosi anche con la Curia, promuovendo eventi culturali lontani dagli stereotipi, allargando la galleria agli artigiani. Dove vuole andare Campaini? Il libro che scrive dà una risposta secca: unire il profitto ai valori umani, mettere l'uomo al centro dell'attività economica in grado di produrre e controllare il profitto. Un profitto che a sua volta deve fare i conti con l'etica e i vari modi con cui può e non può essere prodotto, in una visione di lungo periodo. Dove dovrebbe contare, sempre nella visione di Campaini, più l'economia che la finanza, anzi, quest'ultima dovrebbe essere il mezzo e non il fine per la crescita. “Oggi non vale più l'imprenditore che mette insieme risorse, capitali e uomini e ha dei progetti. È tutto in mano alla finanza che non si preoccupa di che cosa si fa e perché. E infatti se le aziende chiudono, non importa, si sposta la produzione dove è più conveniente”. E a proposito del retail: “Rinunciando a sviluppare ipermercati al posto dei supermercati, abbiamo cercato di stare vicini alla gente, nei quartieri, nei paesi. Non siamo più nell'era delle botteghe, ma l'obiettivo comunque è quello di salvaguardare il tessuto sociale, guardando alla comunità nel suo insieme”. Una lezione apprezzabile.

2. Un altro cibo è possibile
Guido Barilla scuserà MARK UP se forza un po' i concetti che esprime lui e la sua azienda, ma ci sembra proprio che sia radicalmente cambiato l'approccio di corporate dell'impresa, passata da un'immagine di profit earning a profit sharing. Quest'ultima vision c'è sempre stata, iniziata da Pietro Barilla, diretta e semplice, a quella attuale, nella gestione collegiale dei fratelli, più articolata e complessa. E con il Barilla Center for food & nutrition è diventata più manifesta, grazie a un system di comunicazione sofisticato ma ben comprensibile, diretto e affidato a un gruppo di scienziati e di comunicatori. MARK UP lo vorrebbe ripetuto in tutte le imprese che costruiscono la filiera e il savoir faire del sistema produttivo italiano. Qui in Barilla il manifesto della sostenibilità, dei timori per il futuro che aspetta tutti, delle risposte da dare, della lettura della complessità, assume forme che nelle altre aziende, spiace dirlo ma prendetelo come uno stimolo, non avviene. L'impresa è avvolta nella società nazionale e internazionale, nelle loro difficoltà, nei loro vantaggi. Deve per forza coinvolgere e stimolare e guidare il dibattito, deve indicare per forza una strada alla quale il cittadino-consumatore, bombardato ogni giorno da milioni di moduli di pseudo comunicazione, uno contrastante con l'altro, deve poter guardare. Dopotutto stiamo parlando di cibo che dobbiamo assumere e digerire, cibo che deve sfuggire alla banalizzazione e all'impoverimento di pensiero e di fatto proposto, dall'alchimia contorta delle promozioni. Il messaggio dell'ultimo forum, sintesi della sintesi giornalistica (l'approfondiamo in questo numero del giornale), può essere: mangiamo meglio, mangiamo meno, più consapevolmente, senza sprechi, individuali e collettivi, pagando il giusto, prevedendo e condividendo quello che succede nella filiera mondiale e in quella locale per non permettere al cibo di dire: caro consumatore il food è finito, fatti tuoi.

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