Il ministro è aperto al confronto ma fermo sull’obiettivo: "salvaguardare la dimensione sociale insieme a quella economica"

In un incontro a porte chiuse con i vertici delle imprese associate (avvenuto venerdì nella sede milanese di Confimprese), Riccardo Fraccaro, ministro per i rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta, si è dimostrato disponibile a un confronto aperto e franco con gli imprenditori. "La proposta sulle chiusure festive dei negozi è nata per dare una risposta alle istanze dei cittadini. Come sempre siamo aperti a un confronto serio con le imprese del retail tenendo fermo l’obiettivo: salvaguardare la dimensione sociale insieme a quella economica. Il dialogo deve essere costruttivo e le istituzioni devono fare squadra per far crescere il Paese sul piano produttivo come su quello dei diritti".

"Prima di pensare alla ridistribuzione della ricchezza –avverte Mario Resca, presidente Confimprese– bisogna creare ricchezza. Non possiamo permetterci di perdere fatturati, posti di lavoro, consumi e di incidere sull’intera filiera produttiva con una misura antistorica come il ddl sulle chiusure festive dei negozi. Oggi il nostro settore è fermo perché c’è troppa incertezza, la burocrazia frena gli investimenti. Per competere è necessario aumentare marginalità e profitti, spingere sull’intermodalità delle infrastrutture, dove abbiamo cantieri bloccati per un importo di 24,3 miliardi di euro, poco meno di quanto valeva l’ultima legge di bilancio. Occorre lavorare per la libertà di fare impresa”.

Confimprese, insieme ad Ancd-Conad, è una delle grandi associazioni del commercio moderno maggiormente favorevoli a un mantenimento della deregulation sulle aperture domenicali e festive.

La situazione riguardo l’attuale discussione in Commissione Attività Produttive della Camera di una legge che regolamenti in senso limitativo l’esercizio del commercio al dettaglio offline durante le domeniche e i giorni di festività nazionale è in via di riesame anche attraverso nuove audizioni con le associazioni di settore.

La proposta che sembra trovare una maggiore possibilità di negoziazione tra le parti (politiche e imprenditoriali) verte su dodici chiusure obbligatorie all’anno tra domeniche e festività comandate, religiose o civili. Questa è anche la posizione Assofranchising che sostiene la mediazione proposta da ConfcommercioConfesercentiFederdistribuzione e dalle Cooperative Bianche, associazioni che raggruppano e rappresentano nel complesso oltre 1 milione di imprese fra aziende e punti di vendita e danno lavoro a 4 milioni di persone.

Più prudente Massimo Moretti, presidente Cncc (Consiglio nazionale dei centri commerciali) che, pur non discostandosi del tutto dalla possibilità di una mediazione sulla soglia numerica delle 12 chiusure, ritiene comunque un danno economico sacrificare anche poche domeniche sull'altare della regolamentazione.

Ricordiamo che la mediazione 12 (8+4, cioè 8 festivi chiusi e 4 domeniche da decidere previo accordo tra Regioni, associazioni di categoria e sindacati) è rimasta, delle 4 opzioni sul tavolo, quella più ragionevolmente adottabile in alternativa allo status vigente. E non c'è bisogno di un genio per capire che la mediazione 12 è di gran lunga preferibile alle altre 3 opzioni: 26 chiusure annuali su 52 domeniche, o negozi chiusi dalle 22 alle 7 del mattino (ma tutti i giorni).

Tutti d'accordo sul fatto che prevedere una distinzione su basi dimensionali o di categoria tra chi può aprire e chi deve chiudere, appare un tantino discriminatorio: i limiti alle aperture domenicali varrebbero solo per supermercati e centri commerciali. I negozi fino a 150 mq nei comuni fino a 10.000 abitanti, e i punti di vendita sotto i 250 mq nei centri con oltre 10.000 abitanti fuoriescono dall'obbligo di chiusura. Così come i negozi dei comuni turistici.

La cosa davvero preoccupante sono le sanzioni amministrative che, dalle 2.000 euro previste dalla normativa precedente alla liberalizzazione, potrebbero salite a una forchetta compresa tra 10.000 e 60.000 euro.

Oltre a questo, Assofranchising chiede e auspica che vengano analizzate altre questioni fondamentali per il buon andamento del commercio al dettaglio: una regolamentazione della web tax, politiche per la rivitalizzazione dei centri urbani e nessuna clausola di salvaguardia o aumento dell’Iva.

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