Etica e competenza, gli ingredienti della fiducia

Le principali evidenze del Trust Barometer, la più estesa indagine globale sulla fiducia presentata in anteprima mondiale
al World Economic Forum di Davos. Gdo al top per il trust in Italia. (Articolo tratto da Mark Up 293 - ottobre 2020)

“La fiducia si guadagna goccia a goccia ma si perde a litri”. Basterebbe ricordare questa frase di Jean Paul Sartre, uno dei più importanti intellettuali del XX secolo, per rendersi conto della rilevanza e, assieme, della delicatezza insite nel fattore fiducia, non solo nelle relazioni interpersonali ma anche nel mondo delle imprese e dei loro rapporti verso gli interlocutori esterni e interni. Consapevole del ruolo della fiducia come asset della reputazione stessa di un’azienda, Edelman, prima agenzia di comunicazione al mondo, realizza da 20 anni il Trust Barometer, la più estesa indagine globale sulla fiducia presentata annualmente in anteprima mondiale al World Economic Forum di Davos. La ricerca ha coinvolto dalla prima edizione circa 2 milioni di persone e fornisce ogni anno importanti elementi per comprendere l’orientamento dei consumatori e degli stakeholder verso il mondo delle imprese, del Governo, dei media e delle associazioni non governative.

Il Trust in questi anni ha analizzato anche la fiducia legata a diversi settori produttivi e tra questi anche il food & beverage, comparto nel quale Edelman Italia ha accumulato negli anni una profonda esperienza gestendo la comunicazione integrata sia di alcuni dei più importanti gruppi globali, sia di imprese familiari italiane sia di start up. Quest’anno l’indagine settoriale “Eat.Drink.Trust 2020 Food Trends Report” ha coinvolto 13 mercati (Italia, Cina, Messico, Sud Africa, Stati Uniti, Canada, Spagna, Australia, Regno Unito, Olanda, Irlanda, Germania, Francia) per un totale di 13.000 persone. Obiettivo fondamentale della ricerca è stato quello di aiutare le aziende del settore food&beverage a disegnare un quadro il più possibile completo delle variabili che impattano sulla fiducia per aiutarle a migliorare la propria performance in termini di reputazione sul mercato. Nella ricerca la valutazione della fiducia si basa per il 20% sul fattore competenza, intesa come saper fare, e per l’80% sul fattore etico declinato su 3 variabili: integrità, capacità di mantenere le promesse, orientamento concreto ad operare in modo costante per conseguire un impatto positivo sulla società. Elementi che il settore food&beverage sembra possedere se si considera l’aumento record di fiducia rispetto allo scorso anno, con una crescita di 7 punti percentuali. Il comparto ha guadagnato ben 14 punti percentuali in termini di fiducia dal 2012 passando dal 61% al 75% e restando sempre in territorio positivo. In Italia il 37% del campione è fiducioso nei confronti del settore, dato che pone il nostro paese al terzo posto nel mondo dopo Cina e Messico. D’altro canto, solo il 18% del campione su scala globale ritiene che le aziende del settore debbano mantenere l’attuale condotta, percentuale che scende al 17% per l’Italia e che si spiega con una forte richiesta di innovazione relativa al modo in cui i prodotti sono fabbricati e distribuiti.

Dalla ricerca emergono le differenze in termini di fiducia riscossa dalle diverse categorie di un settore estremamente variegato. La ricerca ne analizza 11 tra le quali spiccano i piccoli produttori nell’agricoltura e nella pesca e al secondo posto le catene della ristorazione tradizionale che riscuotono la percentuale più alta in termini di fiducia (rispettivamente il 67% e il 61%). Fanalini di coda sono invece i produttori industriali di carne e i fast food che raccolgono rispettivamente il 34% e il 31% di giudizi positivi. In linea generale, nel nostro paese la situazione è confortante visto che, in 8 categorie su 11 esaminate, gli utenti fiduciosi superano in percentuale coloro che non ritengono il singolo settore meritevole di fiducia. Ad esempio, è interessante notare come nel nostro Paese la fiducia verso la gdo, sia nettamente superiore rispetto al dato globale (53% contro 44%), con l’Italia al secondo posto, preceduta solo dalla Cina. La gdo si piazza subito dopo con risultati confortanti sia in termini di etica che di competenza, i due aspetti analizzati ai fini della costruzione della fiducia. Interessante anche lo spaccato generazionale nel quale la Generazione Z appare aperta ad una dimensione internazionale (quasi metà del campione pensa che i consumatori debbano acquistare prodotti dei brand globali, un dato superiore del 62% a quello generale) e favorevole alla tecnologia (il 37% afferma che questa debba essere utilizzata per migliorare le produzioni, un dato superiore del 27% a quello generale), i Millennials appaiono molto coinvolti nel proprio rapporto con i brand del settore (il 22% in più rispetto al resto del campione) e hanno elevate aspettative in termini di etica tanto che il 40% pensa che i brand del settore F&B siano in grado di comportarsi in modo corretto verso i consumatori.

(*) Edelman

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