Il punto di Francesco Pugliese sulla gdo: tra discount, eCommerce e ansia per la controcifra

Oggi nessuno di noi ha la ricetta giusta perché il contesto è in continua mutazione, ma è l’equilibrio di fidelizzazione, prezzo giusto e promozioni che fa la vittoria

 

Conad è il primo gruppo in Italia, facciamo
il punto con l'amministratore delegato Francesco Pugliese, uno dei protagonisti
della scena italia del retail oggi

Come è cambiata la gdo italiana negli anni e quali saranno i driver di crescita per i prossimi anni?
I cambiamenti nella distribuzione moderna hanno cicli lunghi perché il prodotto distributivo non è qualcosa che può modificarsi, né negli assetti d’impresa né nei canali, in maniera repentina e veloce. Se vado indietro di 20 anni, ai primi anni 2000, nelle prime cinque posizioni c’erano solo imprese straniere, oggi non è più così. Allora i “profeti” dicevano che la distribuzione in Italia sarebbe diventata tutta estera, ma non è andata così. Questo è il primo punto.

L’altro è che oggi il discount è arrivato alla soglia del 20% del mercato, ma lo ha fatto in 25 anni, non in tre come qualcuno, un quarto di secolo fa, sosteneva. Già allora, c’era un buco d’offerta, ma i primi discount sono stati più una risposta opportunistica a quanto non funzionava: un punto di vendita non andava bene? Si trasformava in discount... scelte dettate dall’improvvisazione più che da una pianificazione strutturata. Tant’è che l’esplosione vera c’è stata nel momento in cui un player italiano organizzato, Eurospin, si è mosso su tutto il territorio nazionale. Anche il nostro Todis sta andando bene, avendo adottato il modello del discount tedesco. Dopo Eurospin, sono arrivati Lidl, poi Penny, adesso Aldi, confermando che c’era effettivamente bisogno di un 20% in quel canale, ma che tale quota non poteva essere raggiunta in una manciata di anni.Guardo adesso al futuro:

il discount ha già raggiunto una dimensione adeguata, non vedo una crescita ulteriore che possa sconvolgere questi assetti di quote.

Altro tormentone: gli ipermercati: questo canale pesa, oggi, con il Covid, quanto 12 anni fa. Ora il tema è: qual è la parte dell’ipermercato che funziona? Non i grandi ipermercati, ma quelli intorno ai 6.000 mq. I bisogni di prodotti distributivi che vanno dalla grande superficie, alla media, alla prossimità, al discount, all’eCommerce, saranno presenti tutti quanti anche nei prossimi 5 anni: il tema è come varieranno i pesi e che tempi ci impiegheranno.

Parliamo di eCommerce...
Stiamo costruendo una piattaforma unica, sia in termini di servizio sia di modalità di accesso del consumatore per tutto il territorio nazionale, che avrà declinazioni e coperture differenti e anche una declinazione a livello di operation totalmente diversa. Perché, probabilmente, nelle aree della Lombardia devo avere dark room totalmente svincolate dalle aree del negozio, in alcune aree potenziali devo avere solo un dark store, in altre devo, invece, attingere dal negozio. Possono esserci momenti in cui devo dare un servizio, magari su poche referenze, quelle ricorrenti, su tutto il territorio nazionale, per agganciare un consumatore giovane. In alcuni casi lavoreremo da soli, in altri in collaborazione con dei partner.
C’è anche un altro tema non banale: se sono presente in un’area dove c’è un grande potenziale di eCommerce, ma valgo poco, nessuno entrerà nel mio sito.

Chi si illude di poter recuperare quota di mercato solo attraverso
l’eCommerce, sbaglia. La prima scelta del cliente è la sua insegna,
diverso da ciò che accade in Amazon
.

Il processo d’acquisto in Amazon è totalmente differente: entro, faccio comparazioni di prezzo e vedo se mi conviene, perché Amazon mette insieme il mondo, ma non ho possibilità di fidelizzare sulla catena. Però può essere un veicolo interessante se utilizzato per un trial.

Quali sono i cambiamenti richiesti in casa Conad, come funzionerà l’introduzione delle tecnologie?
Abbiamo centralizzato il luogo di analisi e di decisione, anche in termini di campagna e di Crm, con la possibilità per ogni cooperativa di integrare le attività in funzione del proprio territorio, ma muovendosi secondo un concetto che è top down e down top. Questa è una caratteristica che abbiamo già nella gestione dell’attività normale e che continueremo ad avere anche nel mondo del fisico: l’esperienza del cliente è governata in maniera unica e centralizzata, poi, in funzione dei vari territori, si aggancerà ai sistemi delle cooperative.

Sappiamo già dove saremo presenti con dark room, dark store
e dove non opereremo se non con il punto di vendita.

In funzione di dove il cliente si trova attraverso il Cap, sarà indirizzato nelle varie esperienze che saranno tutte governate in un sistema unico.

Abbiamo parlato delle vendite ... adesso andiamo negli acquisti
Abbiamo lavorato nell’efficientizzazione di tutti i processi della supply chain e della logistica. Abbiamo iniziato a gestire tutti i trasporti anche dall’industria di marca, ribaltando i risparmi sul prezzo sul prodotto. Non esiste nessuno in Italia che lo fa e uno solo in Europa, partito insieme a noi, ed è Tesco.
Per la marca commerciale abbiamo una logistica super efficiente: i freschissimi e i surgelati, centralizzati in due magazzini, consegnano alle cooperative che hanno scorte zero, perché lavorano 3 su 5 in cross docking. Su questo fronte le cose fatte sono state talmente tante: mettere a fattor comune i dati di tutte le vendite di tutte le carte fedeltà di tutte le cooperative di tutti i clienti…
Quando sono arrivato in Conad erano 4 milioni le famiglie che facevano la spesa in maniera ricorrente in Conad, oggi sono 11 milioni.

Parliamo di prezzo
Stiamo assistendo non solo a delle polarizzazioni dei consumi, ma a una più forte attenzione da parte del consumatore verso ambiti che comportano costi aggiuntivi: sostenibilità, biologico, antibiotic free ... un costo che è giusto sostenere ma anche importante spiegare. Se si fanno operazioni a 0,10 centesimi, per un prodotto che viene venduto normalmente a un prezzo decisamente più elevato, non si riuscirà mai a far capire a chi sta comprando qual è l’effettivo valore del prodotto, questo è il punto.

L’affair Auchan a che punto è?
Abbiamo 6 pilot negli ipermercati che stanno testando qual è l’offerta migliore di Spazio e come orientarla: sono tutti diversi uno dall’altro, una scelta fortemente voluta con l'obiettivo di trovare la soluzione ottimale per i 77 Spazio Conad presenti oggi. Vimodrone (Mi) sta facendo 600 mila euro alla settimana, malgrado il Covid. L’incidenza che ha oggi Vimodrone sui freschissimi è quasi il 70%, più alta di quella che aveva Auchan prima. Miracoloso dal punto di vista della gestione del conto economico. Abbiamo anche tanto da fare nei confronti del personale: uno dei problemi seri che abbiamo dovuto è stato dover reinventare mestieri per le persone, ma devo dire che stiamo avendo un buon seguito. In Lombardia, negli ipermercati, gli imprenditori sono quasi tutti ex dipendenti di Auchan, la stessa cosa a Piacenza, San Rocco al Porto, a Bergamo con i soci Conad che fanno da tutor. “Costruire” imprenditori è un lavoro che abbiamo sempre fatto. Questa volta abbiamo anche attinto molto all'interno di Auchan perché c’era gente capace che ha voluto mettersi in gioco, la stessa cosa sta accadendo n Veneto.

Tu dici spesso che la distribuzione deve avere più voce... ma ce la fate?
Ci stiamo provando. Siamo riusciti a mettere tutti attorno a un tavolo, compresi Confesercenti, Confcommercio, Confimprese, Cncc, la Coop, tutti, e siamo riusciti ad avere una posizione unica sul tema della chiusura dei centri commerciali. C’è una grande volontà di andare avanti in questa direzione, anche se ci sono difficoltà: inutile nascondersele, ma noi siamo tra i sostenitori di questa unione. Tempo fa ho promosso un incontro con Confcommercio, Confesercenti, Federdistribuzione, Ancc e, ovviamente, Ancd, ho fatto presente che o ci si mette d’accordo facendo le cose insieme, oppure, come Conad, cominceremo ad andare da soli, e sceglieremo con chi sederci.

Con chiunque io mi sieda, cambierò gli equilibri
di quella organizzazione e forse del mercato.

Non per arroganza, ma mi piacerebbe che questo stimolo porti a ragionare su un concetto comune che metta insieme dal piccolo negozio alla grande distribuzione.

Cosa vorresti ottenere? Un conto è la risposta all’emergenza, un conto muoversi insieme come distribuzione …
È la seconda. Capisco che per me è più facile essendo uno su uno, la stessa cosa per Coop, le organizzazioni più ampie hanno più difficoltà. Ma se, nel breve, per tutto ciò che attiene la legislazione, la progettazione e così via, noi creassimo, come stiamo facendo, almeno per quanto riguarda le associazioni della gdo, un tavolo di concertazione fra Federdistribuzione, Coop e Conad, sostenendo le stesse cose, trovando l’accordo, sarebbe un grande passo avanti. Se insieme con noi, su tutta una serie di articoli, coinvolgessimo anche Confcommercio e Confesercenti, sarebbe l’ideale, secondo me. Il Covid ha messo in risalto che le differenze tra piccolo e grande commercio sono tutte false, pensiamo al Titolo Quinto: mette in difficoltà tutti, grandi e piccoli. Per questo è necessario creare chiarezza tenuto conto che il commercio fisico è il primo settore in termini di posti di lavoro e di produzione del Pil in Italia.

Inoltre, è vero che la distribuzione moderna chiuderà al +3% rispetto al 2020, ma in molti dimenticano che quasi il 10% delle vendite della gdo è fatto dai ristoratori che vanno a fare la spesa nei nostri negozi. Il messaggio che vogliamo dare è che è bene che questo mondo costruisca delle piattaforme in comune da portare all’attenzione del Governo: solo così puoi contare.

Hai mai rimpianto di essere passato dall’industria al retail?
No. È stato troppo divertente fino adesso. Sono stati 17 anni di cui nei primi cinque continuavo a imparare tante cose, nei successivi dieci, ciò che avevo imparato, l’ho messo in pratica e non credo che in nessuna impresa di produzione, mi sarei trovato nella condizione di poter esprimere pensieri e progetti e portarli avanti in maniera così dinamica come è avvenuto qui. E siccome sono un uomo del fare... c’era talmente tanto da fare …

E per finire ...
Se vuoi ti dico una preoccupazione che ho, per tutti noi: il 2021 sarà durissimo, vedremo una grande ansia per la controcifra. Il blocco dei licenziamenti e la cassa integrazione finiranno, aumenterà il tasso di disoccupazione, le aziende saranno in difficoltà, le persone saranno in difficoltà, i consumi non ci saranno, ci sarà un’ecatombe di alcuni consumi dell’extra alimentare. Già quest’anno, rispetto a quello che compravi abitualmente, hai speso uguale, di più o di meno? E se hai speso di meno, hai speso drammaticamente di meno, e se continuiamo in questa maniera saranno risorse che verranno meno nell’ambito generale dei consumi. L’alimentare non sarà esentato: quei tipi di consumi che vengono meno sono aziende che vanno in crisi. Recuperare quello che si è perso durante il Covid non è così scontato, perché il contesto dal punto di vista economico sarà difficile, una difficoltà che vale per tutti. Mi preoccupa molto tutto questo per un motivo: è vero che ci sono aziende con le spalle forti, ma chi non le ha farà stupidaggini e la più probabile sarà quella dei prezzi, una maniera per non risolvere il problema ma addirittura aggravarlo.

Quanti saranno quelli con i nervi saldi rispetto alle vendite?
E non è vero che sarà tutta colpa del Governo e della pandemia,
ma la causa è da cercare in quello che non si è fatto prima per mettere
a posto le proprie cose, per lavorare con continuità e non per finire su un tweet.

E avere riscontro e rispetto nel tempo. Noi con fatica, con grandi discussioni all’interno, perché è così il nostro mondo, ma senza litigi, stiamo cercando di orientarci e organizzarci per parare il colpo in questa situazione e tenere i nervi saldi. Non so quanti lo faranno ... soprattutto quanti avranno la pazienza e la voglia di farlo.

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