La moda in tempi di crisi tra perdite stimate, dilemma saldi e resilienza

Il punto sul settore, dalle perdite stimate alle misure richieste e messe in atto, dalle riconversioni produttive a nuovi format di intrattenimento

Il settore moda in epoca coronavirus non cessa di mostrare il proprio dinamismo su vari fronti. Facciamo il punto della situazione tra temi caldi e nuove tendenze.

Perdite e ripresa
Si parte dalla richiesta, su unico fronte ben schierato, di misure immediate e concrete per rispondere alla crisi. Secondo le nuove stime di McKinsey & Company parliamo infatti di una contrazione per il comparto, a livello globale, del 27-30% stimata per il 2020. Ancora oltre per i beni di lusso. Ripresa, invece, per il 2021, con una previsione di crescita compresa tra il 2% e il 4%.

Guardando nello specifico all'Italia Renato Borghi, presidente di Federazione Moda Italia-Confcommercio, parla di 15 miliardi di euro di consumi in fumo insieme a 8mila punti di vendita e 21.500 dipendenti. Il problema centrale restano i flussi legati alla stagionalità e l'auspicio è che, oltre a una riapertura in tempi brevi (pur nel rispetto delle misure di sicurezza), dalla crisi nasca "un nuovo modello di filiera più slow" (auspicabile anche per l'ambiente ndr), in linea con gli andamenti di consumo.

Il dilemma saldi e velocità
Alcuni retailer e brand, come riporta il Corriere della Sera, puntano sui saldi a settembre per vendere così a prezzo pieno durante l’estate, periodo dal quale ci si attende maggior afflusso del solito dato l'utilizzo delle ferie da parte di molti italiani in periodo emergenza. A pensarla così anche stilisti dell'alto di gamma come Giorgio Armani, che auspica a sua volta un riallineamento del lusso a tempi non da fast-fashion, dalle collezioni alla vendita promozionale. Sui saldi a settembre, tuttavia, da Confcommercio arrivano perplessità: il dubbio principale è che i saldi anticipati porterebbero a maggiori acquisti e più facile smaltimento dell'invenduto.

Riconversioni (anche in chiave small)
Le grandi case di moda come Armani, Gucci e Prada sono state le prima a lanciare dall'Italia il trend della riconversione produttiva per produrre camici e mascherine, ma anche della solidarietà in tempo di Covid-19. Un fenomeno passato dal lusso Made in Italy a diverse maison straniere. A contribuire sul tema, però, non sono solo i grandi ma anche realtà più piccole e d'interesse per la loro impronta inclusiva ed etica, come nel caso di Quid.

La resilienza tra social e online
Ovs ha attuato una serie di misure per spingere le vendite online e al contempo promuovere quelle in negozio quando sarà tempo di riapertura. Non solo. Ha anche lanciato il format di intrattenimento "Casa Ovs" per raccontare i volti dietro l'azienda. La catena non è l'unica ad essersi attivata in tal senso. Anche Pinko ha lanciato una serie di appuntamenti lifestyle sul proprio canale Instagram, mentre sempre più brand anziché focalizzarsi solo su questo social prestano attenzione a Tik Tok (che vi abbiamo già spiegato cos'è e perché non potete ignorare). Tra i "nuovi arrivi" sul canale d'elezione per la generazione Z c'è Gucci, sbarcato a febbraio e già oltre i 250mila follower, ma anche Prada sembra pronto a scommettere sul social. Tra i veterani di "lunga data", invece, Ralph Lauren e Calvin Klein.

 

 

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