L’identità sonora dei brand come nuova strategia di comunicazione

Foto di whoalice-moore da Pixabay
I nuovi format basati sull'ascolto volontario, podcast in primis, consentono di attivare relazioni durature, conversioni e raccolta dati. Numeri e casi

Nessuno ha voglia di ascoltare venti minuti di podcast in cui un'azienda racconta quanto è brava e bella, o perché il suo prodotto e servizio è il migliore, ma magari ascolterebbe molto volentieri la storia di quando Francesco, durante una relazione amorosa in piena crisi, è partito senza itinerario per il suo primo viaggio da solo, ritrovandosi all'estremo Nord della Norvegia. L'esempio non è inventato: questo racconto fa davvero parte di una serie di branded podcast chiamata "Prime Svolte" e pensata da Mini Italia (Gruppo Bmw) per veicolare il concetto della novità positiva in un parallelismo con la prova dell’auto elettrica.

Quello appena menzionato è un classico caso di valorizzazione del potenziale strategico dei nuovi format audio. Guardando solo ai podcast, in Italia nel 2020 sono stati 13,9 milioni gli ascoltatori, con un incremento a doppia cifra (+15%) rispetto al 2019. Proprio perché ascoltati dagli utenti sempre più frequentemente, su base volontaria e per un tempo medio considerevole (24,5 minuti), questi contenuti meritano di essere inseriti nell'ambito di un più ampio e mirato investimento in comunicazione da parte delle aziende. Non si tratta, però, di fare cripto-spot, ma di coinvolgere sfruttando un efficace driver di fidelizzazione, condivisione di valori e conversione. I numeri di Ipsos ce lo confermano: dopo aver ascoltato un branded podcast il 69% ricorda il messaggio, il 30% ha cercato informazioni su prodotti/servizi di quel marchio, il 16% ne ha parlato con amici/parenti e il 10% ha effettuato un acquisto.

Rossella Pivanti

Ad offrirci una panoramica sul tema è Rossella Pivanti, produttrice di un podcast premiato da Elle Magazine e di branded podcast per realtà quali Bper Banca, Finder e Mondadori. Con il sopracitato lavoro per Mini Italia, inoltre, Pivanti ha ottenuto il riconoscimento Best Podcast di Itunes.

"I branded podcast consentono di instaurare un legame più solido rispetto ai video, proprio perché oggetto di un'attenzione più elevata e duratura, dove si inverte il paradigma dell’interruzione e del subire passivamente il messaggio. Si può dunque comunicare con la persona in un momento in cui è ricettiva, durante la sua quotidianità, magari mentre cucina o va in macchina. L'ascoltatore, però, metterà a disposizione del brand il proprio tempo solo a patto che gli si offrano contenuti interessanti e coinvolgenti. Non deve trattarsi di un nuovo modo di fare pubblicità ed auto-celebrarsi, ma di un vero e proprio storytelling emozionale", ci spiega Pivanti: "Il media audio, tra l'altro, è percepito spontaneamente come più autentico e sincero, un plus fondamentale in tempi di attivismo e civismo di marca".

Bper Banca ha ad esempio unito nel podcast “Fornelli e finanza” due temi diversi per spiegare, grazie a parallelismi con la cucina e all'aiuto dello chef-star Locatelli, questioni più complesse. Ma sono tanti anche i podcast che, grazie al loro quid di intrattenimento, hanno dato vita a spin-off come libri, spettacoli teatrali e serie televisive.

Un altro vantaggio spesso dimenticato, inoltre, è la possibilità di conoscere meglio il proprio target a livello sia quantitativo che qualitativo, grazie alla raccolta di dati significativi. Il podcast è infatti un file audio che si carica su un hosting e si distribuisce su piattaforme di primo livello come Apple Podcast, Google Podcast, Spotify e a breve anche Amazon Music, che mettono a disposizione le relative analytics. C'è poi tutta una serie di app che ripubblicano a loro volta quanto trovano su queste piattaforme, nonché i vari smart speaker come Amazon Echo. La varietà di opzioni d'ascolto è elevata, se "prendiamo quindi un podcast e lo inseriamo all’interno di una più ampia strategia di contenuti e comunicazione, possiamo sia avere insight importanti sulla nostra audience, sia posizionarci in modo ottimale nelle ricerche online, perché Google li considera per il Seo", sottolinea Pivanti.

Oggi si può parlare a tutti gli effetti di una nuova identità sonora del brand che sarà sempre più centrale. Non solo branded podcast, ma playlist di marca con varianti creative, come quella che Barilla ha usato per indicare la perfetta cottura dei diversi formati di pasta, oppure tutto il nuovo mondo di Clubhouse, che porta il dialogo a un botta e risposta in tempo reale tra brand e interlocutori. Molto presto, prevede Pivanti, si aprirà il grande tema del: "Che voce ha il mio brand?", da intendere in senso letterale e non metaforico. "Le aziende avranno la necessità di trovare dei veri e propri portavoce che personifichino il marchio, decidendo il tono, l'accento, la cadenza e così via. E su questo fronte ci sarà anche da gestire la moderazione e la controversia così come già avviene sui social, aumentando ulteriormente la richiesta di trasparenza e autenticità".

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