Per vincere la sfida dell’eCommerce lo store diventerà smart

Secondo una ricerca globale di Capgemini, l’automazione delle attività nel punto di vendita, genererà una experience in grado di fidelizzare il consumatore (da Mark Up n. 287)

Come il retail dovrà trasformarsi per rispondere al cambiamento che il digitale sta imprimendo è uno dei temi più dibattuti. Recentemente Capgemini, player mondiale della consulenza, ha effettuato un’indagine sul tema dell’automazione nel punto di vendita. Una ricerca globale che ha coinvolto un panel di circa 6.000 consumatori finali e circa 1.000 manager e top manager della distribuzione in Europa, Usa, Cina e India. Il mercato italiano è considerato appartenente al cluster europeo con similitudini tra Francia e Spagna. Mark Up ha incontrato Gerardo Ciccone, direttore Mals & Cprd di Capgemini Business Unit Italy.

Gerardo Ciccone, direttore Mals & Cprd di Capgemini Business Unit Italy

Cosa si intende oggi per automazione instore?

È una definizione di base che punta al concetto di smart store. In questo contesto troviamo tecnologie che consentono l’identificazione automatica dei clienti, la gestione avanzata della loyalty, il product information, le tecnologie self service, gli scaffali intelligenti e altro. Tecnologie che hanno la finalità di rendere la shopping experience all’interno del punto di vendita più accattivante e positiva.

Tutte queste tecnologie sono disponibili da tempo ma non ancora ampiamente diffuse. Cosa il consumatore apprezza maggiormente allo stato attuale?

Dalla nostra indagine, il 60% degli intervistati ha dichiarato di preferire l’esperienza offerta da uno smart store piuttosto che full digital, il tradizionale shopping online. Un risultato che deve essere valutato con attenzione ma che, secondo me, non è sorprendente. Stiamo parlando dell’80% dei giovani, sotto i 21 anni.

Come si interpreta questo dato?

È tutto incentrato sull’esperienza fisica che è molto più coinvolgente. Questa permette una stimolazione sensoriale che l’online non può generare attraverso una relazione innovativa. Viceversa, se questa viene a mancare, può essere un fattore di grande svantaggio. Nella ricerca abbiamo chiesto quali elementi rendono sgradevole acquistare in un punto di vendita fisico e le risposte sono state quelle attese: lunghezza nelle operazioni di check out e mancanza di informazioni. In altre parole una experience non positiva. Molto meno si è parlato di prezzo o assortimento.

Però esiste comunque un gap tra fisico e online a favore di quest’ultimo. Per esempio l’asimmetria informativa.

Questo è una degli aspetti che richiede un maggiore lavoro di sviluppo. La product information richiede un completamento nel segno della trasparenza ma che può essere ampiamente raggiunto con le tecnologie opportune. Chioschi e punti di contatto nel punto di vendita possono dare esattamente le stesse informazioni presenti online, anzi con una contestualizzazione maggiore di quanto si ottiene con uno smartphone. I retailer devono integrare nello store tutti quegli elementi dell’esperienza online.

E la componente umana nel punto di vendita?

È importantissima ma per rispondere alle nuove esigenze del consumatore, deve essere affiancata dalla tecnologia. Questa permette di automatizzare in modo intelligente molte attività instore del consumatore e permette al retailer di costruire una squadra di addetti più competente e pronta nel dare soluzioni. Ovviamente occorre distinguere tra mass market e premium, ma la direzione è quella di avere instore persone più di qualità anche dal punto di vista empatico.

In questo momento quali sono i settori del retail più promettenti in termini di adozione del paradigma dello smart store?

La situazione attuale è abbastanza articolata. Comunque si possono evidenziare due grandi fenomeni. Il mass market composto dai retailer del food e del grocery che guardano all’automazione principalmente come una possibilità di saving e recupero di efficienza; il tutto per puntare a una riduzione del personale. Le aziende retail premium come quelle del fashion, ragionano più nella logica di creare un’esperienza maggiormente avvincente in modo da trattenere il cliente nel punto di vendita. Questa è la direzione che nel tempo prevarrà.

Qual è la prossima tecnologia all’orizzonte con un impatto importante?

A breve termine ci sarà un continuo percorso di consolidamento delle tecnologie che attualmente sono già presenti nei punti di vendita. Soprattutto sulla parte di product information e store navigation. Secondo il mio punto di vista, a medio termine, la tecnologia che maggiormente si diffonderà sarà la realtà aumentata finalizzata allo store navigation e altro.

Ma lo smart store prevede forzatamente l’identificazione dei consumatori? Se è così, non è un limite da valutare?

La nostra ricerca ha fatto emerge che un numero rilevante di consumatori, il 59%, vuole preservare la propria privacy. Quindi tecnologie come il riconoscimento facciale o assimilabili, almeno in Europa e Usa, sono implementabili facilmente ma non accettate. L’identificazione è un fattore chiave che migliora l’esperienza ma occorre saperla gestire in modo discreto compatibilmente con le attese del consumatore.

Main trend

Il campione preso in considerazione dallo studio, raggruppa sia Paesi dalle economie consolidate (Europa+Usa), sia Paesi con economie emergenti e in grande sviluppo (India+Cina). I risultati dicono che i retailer che hanno adottato sistemi di automazione del punto di vendita hanno riscontrato l’11% di vendite in più rispetto gli store senza tecnologie di questo tipo. Il 60% dei consumatori dichiara che è maggiormente favorevole ad acquistare online dai merchant che consentono di gestire i resi nel punto di vendita fisico attraverso tecnologie di automazione. La stima di incremento degli acquisti è del 22%. Il 67% dei consumatori tra i 22 e 36 anni preferisce fare acquisti presso uno smart store. Il 75% dei retailer ritiene che l’automazione possa incrementare la sostenibilità del punto di vendita, mentre i consumatori sceglierebbero preferibilmente smart store dotati di tecnologie che riducono gli sprechi alimentari (69%), i materiali di consumo come gli scontrini cartacei (63%), che migliorano l’efficienza energetica (58%) e forniscono informazioni sulla sostenibilità dei prodotti (52%). Il riconoscimento facciale non è gradito ai consumatori (59%), meno ai retailer (23%).

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