Morire di sanzioni. L’inasprimento può favorire una buona governance?

La Direttiva 2017/828/UE porta fino a 10 milioni di euro le sanzioni amministrative per le società quotate per violazioni in tema di remunerazione

Nella prossima stagione assembleare, emittenti quotati, amministratori ed azionisti dovranno confrontarsi con le nuove regole imposte dalla Direttiva 2017/828/UE sull’incoraggiamento dell’impegno a lungo termine degli azionisti (di seguito Direttiva, recepita dal Decreto Legislativo 49/2019).

La Direttiva, volta a favorire un più consapevole e stabile coinvolgimento degli azionisti nel governo societario, ha introdotto diverse novità in tema di trasparenza dell’azione degli investitori istituzionali e proxy advisors, nonché l’organizzazione di nuovi presidi informativi e procedurali sulle politiche di remunerazione degli amministratori e sulle operazioni con parti correlate.

Con riferimento a questi ultimi aspetti, a gennaio 2020, il Governo ha inasprito profondamente il sistema sanzionatorio, prevedendo sanzioni amministrative più elevate in capo alle società quotate e ai componenti dei loro organi di amministrazione e controllo per qualsiasi violazione della menzionata disciplina. Le sanzioni vanno da 150.000 euro a 10 milioni per le società quotate per violazioni in tema di remunerazione e parti correlate, mentre per gli amministratori le sanzioni sono pari a 2 milioni per le politiche di remunerazione e 1,5 milioni per le operazioni con parti correlate.

Può un sistema sanzionatorio di questo tipo effettivamente rispondere agli obiettivi della Direttiva? Possono tali sanzioni agevolare lo sviluppo di un vero principio di stewardship, da più parti invocato?

La risposta è probabilmente negativa. Si consideri poi che, in controtendenza con il panorama europeo dove non si riscontrano fattispecie sanzionatorie così ampie, né sanzioni così elevate (ad esempio i Paesi Bassi prevedono sanzioni amministrative, molto più basse ovvero € 20.000 mentre Lussemburgo e Spagna non prevedono alcuna sanzione), l’Italia appare come l’unico Stato Membro ad aver trasposto queste misure con una eccessività sanzionatoria, conferendo alla Consob poteri che saranno difficilmente applicabili visto le complessità e gli elementi di soggettività che caratterizzano le attività ricoperte dalla Direttiva. Tale inasprimento non appare giustificato neanche in considerazione del fatto che in Italia è dato registrare una forte presenza di situazioni con parti correlate. In quest’ottica, la stessa Assonime ha evidenziato recentemente che l’elemento sanzionatorio appare di per se sovradimensionato e con “un grado di afflittività di natura penale più che amministrativa” (Assonime, 5 Marzo 2020)

Del resto la corporate governance delle società non può essere decifrata, schematizzata e sanzionata in una maniera predeterminata. In più, le attività di stewardship sono malleabili e costantemente variabili, sviluppandosi in base a specifiche esigenze tanto delle società, quanto degli azionisti.

Pertanto si conviene nell’affermare che l’Italia dovrebbe seguire gli esempi di altri Paesi che hanno scelto di non rincorrere la lunga e imprevidibile strada del legal enforcement; scegliendo, infatti, come via risolutiva l’imposizione delle sanzioni amministrative, le norme italiane rischiano di indebolire e compromettere i benefici della Direttiva, spingendo tutti gli attori ad una legal compliance della norma piuttosto che una ethical compliance dei principi di buona governance, a cui la Direttiva aspira e promuove. Ricerche in tale ambito (Esposito De Falco et al., 2018; Sergakis, 2019) mostrano da un lato, come il coinvolgimento e la convergenza degli interessi di tutti gli attori determini una governance più efficace; dall’altro lato, come le misure della Direttiva debbano essere applicate lasciando la possibilità al mercato di sanzionare eventuali deviazioni o violazioni.
In conclusione si ritiene che solo la scelta di un market e social enforcement potrà “educare” gli attori del mercato nel contribuire al raggiungimento di una good governance, limitando la minaccia sanzionatoria a livelli ragionevoli e a sanzionare solo casi estremi.

NOTE:

Esposito De Falco, S., Cucari, N., & Carbonara, S. (2018). Shareholder engagement e co-creation. Un’analisi su un campione di imprese quotate. Sinergie Italian Journal of Management, 36(106), 41-59.

Sergakis, K. (2019) Legal versus social enforcement of shareholder duties. In: Birkmose, H. S. and Sergakis, K. (eds.) Enforcing Shareholders' Duties. Series: Elgar financial law. Edward Elgar, pp. 128-148. ISBN 9781788114868

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(*) Sapienza Università di Roma - SIMA
(**) University of Glasgow

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