Native advertising: l’engagement senza distrazioni

Nessun messaggio razionale. La strategia vincente è fatta di suggestioni, stati d’animo. In sintonia con il posizionamento della marca (da Mark Up n. 286)

Gli investimenti delle imprese in pubblicità digitale (banner, video, link a pagamento sui motori di ricerca) sono in costante crescita. Nel 2018, il mercato è stato stimato in 107,8 mld di dollari negli Usa (+21,8%) e 55,1 mld di euro in Europa (+13,9%), di cui 2,97 mld (+11%) in Italia (Iab, 2019). Tuttavia, i brand inserzionisti e le agenzie digital devono fronteggiare un’evidente disaffezione degli utenti online verso i formati pubblicitari più tradizionali e intrusivi. Pensando al classico banner, le criticità riscontrate sono rilevanti a cominciare dal fenomeno della banner blindness, per cui l’utente, all’apertura della pagina web, ignora automaticamente la pubblicità, poiché ne riconosce subito forma e posizionamento, senza neanche la necessità di guardarla con attenzione.
Non stupisce, quindi, la rapida crescita del native advertising, un formato pubblicitario
meno invasivo, che rappresenta più della metà degli investimenti pubblicitari online negli Usa (Iab, 2019). Si caratterizza per le particolari doti mimetiche: dal punto di vista grafico, infatti, si inserisce perfettamente nel design della pagina ospitante, proponendo contenuti e modalità di fruizione coerenti con quelli editoriali. È il caso della pubblicità contestualizzata nei feed delle pagine social o degli articoli sponsorizzati dai brand nelle pagine dei siti di notizie. Il maggior livello di interesse e di engagement è testimoniato dal numero più elevato di click: se il click-through rate medio per il banner è di circa 0,09-0,11%, quello del native raggiunge lo 0,8% (Appnexus, 2018).
Anche se le imprese riconoscono l’opportunità di utilizzare il native advertising per perseguire obiettivi di branding (ad esempio, accrescere la notorietà, rafforzare l’immagine) e di performance (ottenere risposte in termini di conversione, quale l’acquisto o la compilazione di un form), non è ancora chiaro quali siano i tipi di contenuto più efficaci. Per iniziare a delineare le strategie, il dipartimento di Business Administration and Law dell’Università della Calabria e il dipartimento di Management della Sapienza di Roma hanno condotto nel 2018 una ricerca universitaria sperimentale, testando messaggi pubblicitari nativi nella forma dell’articolo sponsorizzato inserito in un sito web di notizie, mettendo a confronto contenuti concreti e astratti. Nel primo caso, l’utente ha letto descrizioni dettagliate dei servizi offerti dalla marca pubblicizzata, mentre nel secondo l’articolo letto non faceva mai riferimento agli elementi oggettivi dell’offerta, bensì a valori, emozioni, idee e suggestioni legate a quella particolare marca. Dallo studio è emerso come le marche molto note potrebbero aumentare l’efficacia dei contenuti pubblicitari nativi utilizzando messaggi astratti: la strategia vincente, quindi, non sarebbe quella di spiegare il prodotto o il servizio in modo razionale e con dovizia di particolati, ma quella di stimolare nell’utente suggestioni e stati d’animo, in linea con il posizionamento della marca. In particolare, l’utilizzo di contenuti astratti consentirebbe ai brand molto noti di migliorare le performance in termini di gradimento dell’articolo, intenzione di condividerlo online, intenzione di acquistare il prodotto, valutazione positiva della marca e livello di engagement. Affinché l’opportunità del native advertising possa garantire effettivi benefici di marketing, è fondamentale che la progettazione del contenuto sia condotta con maggiore consapevolezza, analizzando le risposte del consumatore non solo ai tradizionali aspetti legati alla grafica dell’annuncio, ma anche a quelli riferiti al tipo di messaggio.

QUALI SONO I PRINCIPALI FORMATI DI NATIVE ADVERTISING?

IN-FEED/IN-CONTENT
Scorrendo la lista dei contenuti/articoli, gli utenti trovano contenuti editoriali alternati a contenuti native in un flusso di navigazione ininterrotto. L’In-feed/in-content è oggi il formato più rilevante sotto il profilo economico.

CONTENT RECOMMENDATION ADS
I content recommendation ads sono contenuti native che vengono inseriti all’interno di pagine ad hoc, o tra paragrafi di contenuto editoriale o in calce a quest’ultimo. Anche in questo caso, la pubblicità si mimetizza sia nel contenuto sia nella forma e cliccando sull’advertising l’utente viene indirizzato a una pagina esterna al sito del publisher.

BRANDED/NATIVE CONTENT
Il branded/native content è un contenuto di marca a pagamento che viene pubblicato come un editoriale occupando un’intera pagina/sezione della piattaforma del publisher, in genere grazie a una stretta collaborazione con il team editoriale di quest’ultimo.

NATIVE ADVERTISING HIGHLIGHTS

Mobile
Gli utenti ritengono che il “native” sia un formato pubblicitario più adatto per i device mobili rispetto al tradizionale display advertising.

Brand image
Sia tramite desktop (+8%) che tramite mobile (+26%) il native advertising è più efficace per creare e rafforzare le associazioni di marca nella mente del consumatore.

Brand engagement
Gli utenti che interagiscono con il native advertising sono più propensi a innescare il passaparola, ad acquistare il brand e a creare con esso un legame emozionale.

Seamless experience
Il 79% dell’utenza online preferisce la pubblicità nativa al display advertising (es. banner), perché si inserisce in modo coerente nella pagina web senza interrompere la navigazione. Per tale motivo, 4 su 5 affermano di accettare di buon grado il formato native.

Attenzione
L’effettiva visione dei contenuti “native” dura in media il 25% in più rispetto ai formati pubblicitari display.

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