I rischi di automazione del lavoro in italia

Uno studio sul cambiamento tecnologico e ai suoi effetti sulle professioni e sull’occupazione rispetto alla probabilità di automazione delle professioni

Un tema di grande attualità è quello del rischio di sostituzione dei lavoratori da parte delle macchine. Negli ultimi decenni i robot industriali e le altre tecnologie di automazione sono migliorati considerevolmente. Un progresso simile è previsto anche in futuro, tanto che Martin Ford futurista e studioso di intelligenza artificiale, non esclude che in futuro le macchine siano estremamente intelligenti dando inizio a un’«esplosione di intelligenza», mentre Raymond Kurzwei, ingegnere capo di Google e saggista, ritiene che si potrà raggiungere la cosiddetta «singolarità», cioè la fine dell’era umana e il dominio delle macchine sull’uomo. Le tecnologie stanno infatti acquisendo nuove skill che permettono l’esecuzione non delle sole funzioni di routine ma anche di compiti manuali e cognitivi complessi, compiti che fino a pochi anni fa erano considerati di esclusiva competenza umana. Diventa perciò possibile impiegare la tecnologia per sostituire i lavoratori in molte professioni.
Vi sono due grandi visioni su questo tema: gli esperti massimalisti pongono grande attenzione sulle innovazioni recenti, sono ottimisti sul grado di progresso tecnologico e prevedono forti aumenti nella produttività a fronte di una disoccupazione elevata e una disuguaglianza crescente, gli studiosi minimalisti prevedono cambiamenti futuri minimi, sostenendo che il progresso tecnologico sarà minore, che la crescita economica non dipenderà dalla tecnologia e che i lavoratori affronteranno un rischio di sostituzione minore.
Vi è molta ricerca focalizzata sulle stime dell’impatto concreto delle macchine sul lavoro. I due approcci principali sono l’occupation-based approach, secondo cui intere professioni sono automatizzabili, e il task-based approach, in base al quale solo le attività lavorative (non intere professioni) possono esserlo. Nel nostro lavoro abbiamo cercato di comprendere cosa potrebbe accadere nell’economia italiana. Alcuni studi che considerano anche l’Italia forniscono risultati contrastanti che potrebbero essere dovuti ad approssimazioni riguardanti le caratteristiche delle professioni nei diversi Paesi considerati nelle analisi.
L’Italia rappresenta un caso di analisi interessante. Le imprese italiane sono in ritardo nell’innovazione e nell’adozione delle nuove tecnologie a causa dell’alta percentuale di imprese di piccole e medie dimensioni (a cui si associa una bassa capacità di investimento, una minore propensione ad innovare e una bassa produttività), la proprietà familiare e il contesto istituzionale (tra cui il funzionamento della pubblica amministrazione). Nello specifico, la diffusione delle tecnologie quali big data, internet of things, realtà aumentata e robotica è molto disomogenea: l’adozione di queste tecnologie risulta essere più frequente nelle imprese di dimensioni maggiori e in quelle situate nel Nord Italia.
La minore adozione congiunta di più tecnologie avanzate ha comportato che in Italia la polarizzazione dell’occupazione e dei salari risulta meno evidente rispetto ad altri Paesi tecnologicamente all’avanguardia.

Cambiamento tecnologico

Il nostro studio, che verrà presentato in occasione del convegno Sinergie-SIMA, contribuisce alla letteratura sul cambiamento tecnologico e ai suoi effetti sulle professioni e sull’occupazione in quanto stima la probabilità di automazione delle professioni in un contesto caratterizzato da una struttura produttiva e da un livello di diffusione delle tecnologie avanzate che sembra proteggere i lavoratori dal rischio di sostituzione da parte delle macchine. Abbiamo in concreto stimato la probabilità di automazione per ognuna delle 800 unità professionali individuate in Italia.
Per questa analisi i dati provengono da tre fonti: il database denominato Sistema informativo sulle professioni relativo all’anno 2012, i dati del PIAAC (Programme for the International Assessment of Adult Competencies) per l’Italia e i dati ISTAT (Sezione Indagine continua sulle forze di lavoro). Per alcune professioni l’ISTAT non fornisce i dati occupazionali; in questi casi i dati sono stati ottenuti da altre fonti, quali gli studi di settore e i siti internet degli ordini professionali

I nostri risultati evidenziano che le professioni che presentano una probabilità di automazione alta prevedono la realizzazione di un numero elevato di attività di routine (automatizzabili), tra cui lo svolgimento di calcoli, lo scambio di informazioni e l’assemblaggio. Queste professioni riguardano:

  • il settore dei trasporti e logistica (e.g., autisti, addetti alle consegne);
  • il supporto d’ufficio e amministrativo (e.g., contabili);
  • la produzione;
  • il settore dei servizi (e.g., addetti alla preparazione di pasti);
  • la vendita (e.g., commessi, cassieri).

Le professioni con una probabilità di automazione bassa prevedono lo svolgimento di attività tra cui la collaborazione e l’interazione con altre persone e la risoluzione di problemi; di conseguenza richiedono capacità di percezione, manipolazione, intelligenza creativa e intelligenza sociale. Queste professioni riguardano:

  • i settori del management e finanza (e.g., imprenditori);
  • l’ambito legale (e.g., avvocati);
  • l’istruzione (e.g., professori di scuola pre-primaria);
  • l’assistenza sanitaria (e.g., dentisti, medici);
  • l’arte (e.g., fotografi).

Infine, le professioni con una probabilità di automazione media riguardano i seguenti settori:

  • logistico (e.g., addetti alla gestione dei magazzini)
  • artigianale (e.g., tecnici restauratori, panettieri, pasticcieri)
  • mediatico (e.g., specialisti nelle pubbliche relazioni, giornalisti).

Va notato che la probabilità di automazione di una professione può anche essere interpretata come il tempo necessario per automatizzarla, in futuro le professioni nel settore dei trasporti, dell’amministrazione e della manifattura saranno automatizzate per prime vista la loro alta probabilità di automazione. Dopo aver risolto i limiti tecnici all’automazione legati alla percezione e alla manipolazione, saranno automatizzate le professioni con una probabilità di automazione media, tra cui quelle nel settore dell’installazione e della manutenzione. Infine, dopo aver superato i limiti tecnici all’automazione legati all’intelligenza creativa e a quella sociale, saranno automatizzate le professioni nel settore manageriale, dell’istruzione e della sanità, le cui professioni presentano una probabilità di automazione bassa.

Fonte: ns. elaborazioni

Lo studio ha importanti implicazioni di policy e manageriali. I risultati e le implicazioni di questo paper possono guidare la formulazione di politiche che da un lato incoraggino l’adozione di nuove tecnologie, ma dall’altro minimizzino i loro effetti negativi sui lavoratori, favorendo per esempio un training della forza lavoro o una riallocazione dei lavoratori dislocati verso professioni a minor rischio di automazione. Dal punto di vista manageriale, le imprese possono identificare le categorie di lavoratori sono minacciati in misura maggiore dall’automazione e capire come intervenire per proteggerli, per esempio con attività di formazione o una riorganizzazione.

(*)
Mariasole Bannò: Università di Brescia
Emilia Filippi: Università di Trento
Sandro Trento: Università di Trento

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