Il mercato degli Influencers: scenari competitivi di una nuova economia dei social media

La distruzione creatrice dovuta all’avvento del digitale, delle nuove coorti generazionali “born digital” e dei social media, sta ridefinendo le logiche competitive di un mercato il cui ciclo di vita viaggia alla velocità della fibra ottica?

Il 6 ottobre del 2010 nasceva Instagram. Questa piattaforma è figlia di un processo di digitalizzazione che ha portato alla trasformazione di immagini, suoni o documenti in formato digitale attraverso un codice binario in cui tutto è rappresentato da combinazioni di zero o uno e interpretabile da un computer, che ha radicalmente cambiato ogni aspetto della nostra vita.

In concomitanza con la nascita di Instagram e di tutti i social media che accelerano la condivisione di materiale digitale vi è l’ascesa di nuove coorti generazionali digitalizzate: i millennial e la generazione Z. L’ascesa delle nuove generazioni ha generato un cambiamento radicale nei modi di consumare, comportarsi e reperire informazioni e ha portato le aziende a individuare nuove strategie di marketing in grado di comunicare più efficacemente e di influenzarne gli acquisti. Si iniziano così a diffondere il ruolo dell’influencer marketing e dell’influencer, opinion leader, blogger, tiktoker o youtuber, capaci di esercitare una vera e propria influenza sui propri seguaci o follower.

Se è vero che agli albori dei social media, chiunque avesse uno smartphone, potenzialmente poteva diventare content creator. L’avvento di App per modificare qualsiasi tipo contenuto, rendendo chiunque un content creator, anche con i contenuti più scadenti, e l’illimitata possibilità di ricerca e condivisione fornita da internet ha reso possibile, per questo tipo di contenuto, di trovare un pubblico. Tuttavia, salvo alcuni (pochi) “mega influencer”, la maggior parte di questi content creator non percepiscono alcun guadagno. Questa necessità di monetizzare qualsiasi tipo di contenuto, ha portato alla nascita di piattaforme in grado di cambiare la distribuzione del valore lungo la catena permettendo la massimizzazione del value capturing, quali ad esempio piattaforme come OnlyFans, Roblox, Twitch o Substack.

Se da un lato i social media hanno permesso di accorciare gli intermediari tra il content creator e il consumatore, dall’altro si è assistito a una commoditizzazzione del mercato degli influencer. Questo perché il valore si è spostato dalle aziende che controllano la distribuzione di risorse scarse a quelle che controllano la domanda di risorse abbondanti. Infatti, sono le piattaforme stesse, attraverso i loro algoritmi, che decidono quali contenuti mostrare e i content creator non possono fare altro che adeguarsi e adattarsi a questa regola, quindi diventando una commodity.

Intercettare questo trend, per un intermediario, potrebbe essere di fondamentale importanza. Ne è l’esempio Defhouse, la prima collab house europea creata dalla digital company Web Stars Channel. Defhouse nasce sulla scia delle collab houses americane (e.g. Hype House, Sway LA o The Clubhouse), vere e proprie comuni in cui vivono creator con l’obiettivo, da un lato di creare contenuti in un ambiente “a prova di social” e dall’altro incrementare la base di follower dei singoli membri della comune.

La nascita di queste “comuni” per influencer, o meglio aggregatori, ha due implicazioni principali. La prima è che si contrasta la commoditizzazione dell’influencer attraverso una concentrazione del mercato, riunendo sotto lo stesso cappello creatori di contenuti che hanno un bacino di follower complessivo di circa un quarto della popolazione italiana (gli 8 influencer di defhouse hanno, complessivamente, circa 15 milioni di follower su Instagram e circa 10 miliardi di visualizzazioni su YouTube) e permettendo così un maggior potere contrattuale con i brand. Il vantaggio competitivo appare quindi chiaro, avere sotto lo stesso tetto content creators è una risorsa difficilmente imitabile dai competitors. La seconda implicazione è che questi aggregatori, aumentando la massa critica di influencer e quindi di follower, riducono i costi di acquisizione e aumentano la disponibilità a pagare delle aziende che cercano bacini di audience sempre più grandi a cui veicolare messaggi promozionali.

In conclusione, se da un lato l’avvento della digitalizzazione, di generazioni sempre connesse e dei social media ha permesso di decuplicare la creazione di contenuto, dall’altro si è assistito alla commoditizzazzione di un mercato in tempi brevissimi rispetto al ciclo di vita di un prodotto industriale. L’era di internet, viaggiando a velocità da fibra ottica potrebbe dimostrare come nuovi player, aggregatori di influencer, possano riuscire a catturare quel valore che rischia di disperdersi nelle logiche di mercato dell’etere.

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Augusto Bargoni - Ph.D fellow presso il Dipartimento di Management, Università di Torino
Chiara Giachino - Ph.D., Professore Associato di Marketing presso il Dipartimento di Management, Università di Torino

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