L’etica di Be Green Tannery nella fashion industry

Un sistema di concia sostenibile, per creare capi con bassissima concentrazione di metalli, e realizzati attraverso il recupero dello scarto

L’industria della moda é responsabile di produrre il 10% delle emissioni climatiche annuali (Eprs 2017; Un 2018); i motivi di un impatto così drammatico sono da ricercarsi in diversi aspetti che coinvolgono tutta la filiera di produzione.
Uno dei principali responsabili è il cosiddetto fast fashion, un tipo di strategia d’impresa che intende rispondere alle esigenze dei consumatori alla continua ricerca di capi alla moda, in modo rapido ed economico. Il rispetto di tali tempistiche ed esigenze ha portato alla creazione di articoli, basandosi su un sistema di produzione insostenibile nel consumo e nel rispetto delle risorse naturali.
Per comprendere la portata di tale fenomeno basta leggere alcuni dati: si stima che la catena di approvvigionamento tessile richieda un uso significativo di acqua (79 miliardi di metri cubi nel 2015), un rilevante impiego di combustibili fossili sin dalle attività di produzione a monte, con conseguente inquinamento idrico causato dalle micro plastiche (0,5 milioni tonnellate di micro fibre rilasciate negli oceani per anno).
A tali dati si aggiungono anche quelli riportati dall’agenzia svedese per le sostanze chimiche, nel cui rapporto dichiara che le diverse fasi di produzione tessile (filatura delle materie prime in filati, tessitura e finissaggio) richiedono l’utilizzo di più di 3.500 sostanze chimiche, di cui più di 350 hanno proprietà pericolose (Eprs 2022).

In uno scenario così drammatico come quello delineato, Be Green Tannery si differenzia, rivoluzionando il settore della conceria attraverso un modello di produzione della pelle unico e innovativo, ma soprattutto sostenibile.
Lo racconta la dottoressa Annalisa de Piano, Cfo ed ideatrice, insieme al fratello, il dottore Felice De Piano, del nuovo progetto Be Green. Si tratta di una pmi innovativa che nasce nel 2018 a Solofra (Av).
Giunta alla terza generazione di attività conciaria, percependo le nuove necessità sociali, i De Piano avvertono l’esigenza di realizzare un prodotto diverso, ottenuto da un sistema di lavorazione della pelle innovativo e 100% ‘metal free’.

A differenza del sistema di concia tradizionale, tutto il prodotto di Be Green Tannery presenta una concentrazione di metalli inferiore allo 0,1% (1000 mg/kg). Il processo di lavorazione rispetta standard di produzione responsabili e sostenibili. Adottando il modello circolare, Be Green Tannery lavora attraverso il recupero dello scarto, derivante dall’industria alimentare, che altrimenti sarebbe destinato all’incenerimento.
Nonostante la lavorazione della concia metal free in generale presenti delle limitazioni di tipo tecnico e strutturale, il brevetto di Be Green Tannery si differenzia dagli altri per aver messo a punto un prodotto finale che non presenta limitazioni di applicabilità, colori e destinazioni d’uso.

La sostenibilità è qualità e viceversa. Be Green Tannery ha infatti ottenuto la certificazione Lwg (Leather working group), una comunità globale che si impegna a promuovere le best practice nella salvaguardia ambientale, attraverso un sistema di identificazione di quelle imprese che contribuiscono a una produzione di pelle responsabile.
La sensibilità ambientale di Be Green Tannery si misura anche dalla riduzione nell’impiego delle risorse, riscontrabile nella diminuzione dell’impiego di acqua del 30% e un abbattimento dell’energia pari al 33%.
“Lo scarto non è solo recuperato, ma anche nobilitato e a basso impatto ambientale -dichiara la dottoressa De Piano-. Evitando il processo di incenerimento degli scarti dell’industria alimentare, infatti, si impedisce la dispersione di emissioni di Co2 nell’atmosfera e in aggiunta, mediante la pratica della conciatura, si contrasta il processo di putrefazione della pelle, dunque la creazione di micro organismi e la diffusione di virus e batteri.
“Inoltre la sostenibilità -rassicura la dottoressa De Piano- si riscontra anche a livello economico: il risparmio delle risorse, la diminuzione della forza lavoro, la qualità eccellente permettono l’ottenimento di un prodotto, oltre che etico, proficuo”.
Non risulta dunque difficile immaginare la risposta della dottoressa De Piano alla domanda se ritiene che possa o meno esistere un modello di business etico. Lei risponde senza esitazione: “Certamente, è possibile. Bisogna solo buttarsi”.

*dottoranda presso università LUMSA, Roma.

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