Da opera d’arte a Dividendo Estetico: uno sguardo sull’(in)efficienza del mercato dell’arte

Fortissima crescita e collezionisti pronti a pagare cifre astronomiche per opere d’arte uniche, ma investire in questo mercato è una scelta ottimale?

Il report 2023 di Deloitte sul mercato dell’arte e dei beni da collezione mostra come il 2022 sia stato un anno record per il mercato dell’arte. Con riferimento al solo mercato delle aste i risultati sono davvero sorprendenti, un fatturato complessivo in crescita del +12,0% rispetto al 2021 guidato dalla pittura, che ha registrato un incremento pari al +20,8% sul 2021 nonostante il diffuso interesse per il comparto degli altri beni da collezione (i così detti Passion Assets), in aumento del +11,5% sul 2021.
Tuttavia, per chi si pone qualche domanda (quasi filosofica) sul funzionamento dei mercati, verrebbe da chiedersi perché investire in un “mercato inefficiente” come quello dell’arte?
Una prima spiegazione, la più semplice potrebbe risalire a un anno ben preciso e cioè il 1971. In quell’anno il presidente statunitense Richard Nixon annunciò la sospensione della convertibilità del dollaro in oro. Le riserve statunitensi si stavano pericolosamente assottigliando a seguito della guerra in Vietnam e delle generose politiche di welfare avviate da Lyndon B. Johnson. Questo ha portato, da un lato alla corsa verso l’acquisto di oro facendone crescere vertiginosamente il prezzo all’oncia, dall’altro ha spinto gli investitori a individuare nuovi beni rifugio. L’arte ne è uno. Basti pensare alle grandi collezioni dei “Barons of Business” americani come Pierpont Morgan (co-fondatore di J.P. Morgan & Co.), Andrew W. Mellon (fondatore della banca T. Mellon & Sons), Isabella Stewart Gardner (magnate del ferro e filantropa), e Paul Getty (fondatore della Getty Oil Company).

Nell’ultimo decennio ci sono stati molti studi empirici sulla dinamica dei prezzi nei mercati dell'arte e quasi tutti si sono focalizzati sulla valutazione della performance dei rendimenti dell'investimento in opere d’arte confrontandolo con strumenti finanziari tradizionali. Si è perfino interpretato l’opera d’arte come un particolare asset finanziario in grado di dare un “dividendo estetico” (aesthetic dividend o psychic return per gli anglosassoni) e un apprezzamento del capitale; caratteristica in linea con le forme alternative di investimento finanziario. Tuttavia, il mondo della finanza ci ha insegnato che la capacità di un investitore di ottenere nel tempo e in modo costante un rendimento sopra la media dipende principalmente dall'efficienza del mercato. Sui mercati finanziari, testare l’efficienza del mercato è relativamente semplice, in un mercato efficiente, le variazioni dei prezzi dovrebbero riflettere le nuove informazioni che sono pubblicamente disponibili agli investitori. Inoltre, i prezzi non dovrebbero dipendere in modo sistematico dai livelli attuali dei prezzi o dai livelli dei prezzi o rendimenti passati. In caso contrario, potrebbero nascere problemi di arbitrage.

Pertanto un mercato dell’arte efficiente dovrebbe essere un mercato in cui le variazioni di prezzo riflettono le nuove informazioni pubbliche disponibili agli investitori, dove i prezzi non dipendono in modo sistematico dai livelli di prezzo attuali o dai rendimenti passati.
Tuttavia, il mercato dell’arte non è così. Il primo problema è che gli scambi (per esempio le vendite) sono poco (o meno) frequenti rispetto al mercato finanziario, le opere d’arte sono beni illiquidi, la disponibilità di informazioni sui prezzi è scarsa ed il mercato è caratterizzato da forti specificità in termini di segmentazione (per esempio arte antica, arte contemporanea, old masters, disegni, ecc). Un ruolo preponderante nel mercato è giocato dalle gallerie d’arte o dalle case d’asta che, sebbene facilitino l’incontro tra domanda (per esempio i collezionisti) e offerta (per esempio artisti o possessori di opere d’arte) favorendone il potenziale scambio, impediscono la massimizzazione dell’utilità dei partecipanti allo scambio (collezionista e artista/venditore), generando così una prima inefficienza del mercato. Inoltre, l’informazione gioca un ruolo fondamentale. Il mercato dell’arte è caratterizzato da una forte asimmetria informativa derivante, da una parte dalle conoscenze intrinseche di venditori esperti e dall’altra di case d’asta con informazioni privilegiate sulle opere e sulla loro provenienza. Anche questo fattore è causa di inefficienza di mercato. Quello che succede in caso di elevata asimmetria informativa è che gli acquirenti meno informati pagheranno prezzi irrealisticamente elevati per le opere d’arte o saranno lasciati alla mercé di gallerie o delle case d’asta.

Inoltre, ad aumentare l’inefficienza del mercato è la sua struttura stessa. Questo mercato è quasi un duopolio, formato dalle due più grande case d’asta, ovvero Christie's e Sotheby's. Le due case d’asta hanno acquisito un enorme potere di mercato, diventando così i due player più importanti. Le barriere all'ingresso imposte dalle due case d’asta hanno favorito il mantenimento di uno status quo causando ulteriori inefficienze di mercato. Per esempio, prima della crisi finanziaria globale del 2008, il settore dell'arte contemporanea ha registrato una forte crescita rispetto ad altri settori. Ma poi, a causa dell'impatto della crisi finanziaria globale, il valore delle transazioni delle case d’asta è crollato drasticamente. La ragione dietro questo calo è stata l'abbondanza di garanzie di prezzo ai venditori da parte delle case d'aste (e.g., Christie e Sotheby's).

Infine l’aspetto emozionale dell’acquisto e del possesso dell’opera d’arte (il famoso “dividendo estetico”) rende il mercato inefficiente. Infatti, in questo mercato gli attori coinvolti non cercano solo di massimizzare la loro utilità ma cercano anche di soddisfare un bisogno, un attaccamento emotivo al bene stesso. Questo va contro la regola aurea del mercato efficiente che prevede invece il comportamento razionale delle parti nel prendere decisioni informate.
L’evoluzione del mercato dell’arte verso una maggiore efficienza e trasparenza potrebbe arrivare grazie alle nuove tecnologie e alle piattaforme digitali. Infatti, lo sviluppo degli Nft (non-fungible tokens e cioè certificati di proprietà digitali basati su blockchain) nel mondo dell’arte ha portato ad una ipercompetitività tra i maggiori marketplace di Nft. Nel corso del 2022, diversi nuovi mercati hanno cercato di minare la posizione dominante di OpenSea, il principale marketplace per gli Nft, proponendo un modello che elimina completamente le commissioni pagate dai compratori alle piattaforme. L'obiettivo è quello di ridurre i prezzi e aumentare la competitività. Alcune di queste piattaforme hanno esteso queste pratiche aggressive, evitando il pagamento delle royalties ai creator di Nft per rendere i loro prezzi ancora più competitivi. In questo modo, gli Nft si rivelano un potente strumento, portando con sé la promessa di decentralizzazione e democratizzazione sottesa al concetto di Web3, anche nel contesto del mercato dell'arte.

*Augusto Bargoni, Ph.D., è ricercatore (RTDa) presso il Dipartimento di Management “Valter Cantino” dell'Università di Torino. Svolge attivamente attività di ricerca su tematiche di marketing e imprenditorialità. Dal 2022 è Associate Researcher presso il European Centre for Business Research, un centro di ricerca congiunto tra l'Università Pan-Europea di Praga e la Faculty of Economic and Entrepreneurship di Bratislava, nonché di altri partner istituzionali associati. È anche Associate Fellow dell’EuroMed Research Business Institute di Cipro. Pubblica attivamente articoli scientifici su riviste internazionali e svolge attività di membro di Editorial Boards per alcune riviste accademiche. È membro della Sim (Società Italiana Marketing) e della Sima (Società Italiana Management). Presenta relazioni a conferenze a livello europeo.

*Chiara Giachino, Ph.D., è professore associato presso il Dipartimento di Management “Valter Cantino” dell’Università di Torino. Svolge attività di ricerca su tematiche di marketing, comportamento del consumatore e imprenditorialità. Insegna marketing, marketing industriale e business management. È coordinatrice del gruppo tematico Marketing per la Sima (Società Italiana Marketing). Pubblica su riviste nazionali e internazionali e fa parte di progetti di ricerca nazionali. È membro della Sim (Società Italiana Marketing) e della Sima (Società Italiana Management).

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome