Musei più sostenibili grazie alla governance innovativa delle reti

Per il funzionamento del progetto, serve avviare un processo di conoscenza delle risorse e un modello di governance che risponda agli obiettivi culturali

L’Italia è un Paese ricco di patrimonio culturale, gran parte del quale non è presente nelle grandi città bensì è diffuso in maniera omogenea sul territorio contribuendo a comporre uno straordinario mosaico paesaggistico, custode della molteplicità di tesori e identità che rende la Penisola una meta culturale unica al mondo.
I musei, anche quelli dei piccoli centri, sono da sempre custodi delle identità locali e svolgono un ruolo molto importante sia nell’esporre e conservare beni culturali materiali e immateriali sia nel diffondere e tramandare la complessità di eterogenei sistemi di valori, tradizioni, usanze e tecniche che il patrimonio culturale interpreta e rappresenta.
Proprio i musei dei centri minori, spesso caratterizzati da un ingente capitale culturale ma da risorse economiche e professionali scarse, faticano a garantire la loro sostenibilità economica e progressivamente riducono l’impatto culturale e sociale che avevano sul territorio e sulla comunità. Il rischio insito in questo processo di impoverimento, acuìto ancor più dopo la pandemia, è l’amnesia: l’assenza di risorse per supportare il patrimonio culturale può comportare la perdita definitiva di pezzi significativi del patrimonio culturale collettivo.
Inoltre, la recente normativa sui criteri minimi museali (Dm 21 febbraio 2018, Adozione dei livelli minimi uniformi di qualità per i musei e i luoghi della cultura di appartenenza pubblica e attivazione del Sistema museale nazionale) introduce l’elemento di novità dell’accreditamento al Sistema Museale Nazionale a fronte del possesso di alcuni requisiti qualitativi essenziali; tuttavia questa norma rischia di escludere dal Sistema i musei meno strutturati, che non raggiungono i livelli richiesti dalla legge.

Come è quindi possibile rispondere alla crisi dei piccoli musei? Quali strumenti possono supportare la sostenibilità economica dei musei? Quali risorse sono necessarie per renderli più incisivi nella valorizzazione territoriale e nella creazione di comunità?
Una ricerca dell’Università di Genova, condotta da un gruppo interdisciplinare, in collaborazione con il coordinamento ligure di Icom, International Council of Museums – Unesco, e con il Gruppo Nazionale Reti e Sistemi che coinvolge Ministero della Cultura e ICOM Italia, affronta tale complesso tema, a partire da uno slogan: “una (efficace) unione… fa la forza!”
La ricerca, che si articola in diverse fasi, ha l’obiettivo conclusivo di individuare e valutare quali forme di aggregazioni museali possano supportare l’attività gestionale, sostenere l’efficienza economica e organizzativa, sviluppare le attività caratteristiche, nonché ampliare la gamma dei servizi offerti a vantaggio sia della singola istituzione partecipante, sia della rete nel suo complesso, sia pure del sistema socio-territoriale di riferimento. Molteplici possono essere le attività oggetto di collaborazione: da quelle dell’area scientifica, artistica, educativa a quelle dell’area gestionale e amministrativa.
La prima fase della ricerca ha verificato che le aggregazioni sono strumenti utili ad orientare l’operato dei musei in questo particolare momento storico. Da vari anni, ne vengono richiamati i vantaggi e le opportunità tuttavia, in passato, le reti tra musei erano considerate prevalentemente supporti alla creazione di valore culturale e sociale, perché contribuivano a mettere in relazione soggetti contigui da un punto di vista territoriale o affini per tematiche affrontate, conferendo loro maggiore peso istituzionale. Oggi le aggregazioni possono diventare soggettività autentiche, fondamentali per garantire la sostenibilità economica, per supportare il processo di accreditamento alla più ampia comunità del Sistema Museale Nazionale e, infine, per moltiplicare il valore creato per territorio.

Quale modello di aggregazione può rispondere a tali esigenze? La letteratura scientifica sul tema non è particolarmente rilevante e spesso è limitata all’analisi di casi di successo dai quali non è tuttavia possibile dedurre modelli ripetibili o replicabili che possano essere da guida per altre progettualità. La ricerca ha utilizzato pertanto due approcci, in parallelo. Da un lato, sono state analizzate reti museali paradigmatiche o emblematiche al fine di identificarne determinanti, obiettivi, struttura, organizzazione, fattori di successo o di crisi. Dall’altro, sono stati analizzati i modelli di network aziendale al fine di individuare la loro compatibilità e replicabilità nel contesto museale. Successivamente, sono stati incrociati i risultati dei due approcci per verificare come alcuni modelli di rete, sistema, distretto o cluster possano essere adottati ai network di musei, per conseguire gli obiettivi culturali, sociali ed economici di valorizzazione, sostenibilità e sviluppo.

Il case study operativo per implementare i risultati della ricerca è la Liguria dove la ricerca, dopo l’analisi svolta sul territorio, vuole sperimentare un modello replicabile di approccio alle reti.
La Liguria è interessante innanzitutto per l’altissima densità di beni culturali in rapporto all’estensione territoriale e alla popolazione. Una densità che, nel 2013, Istat misurava come la più elevata in Italia. Tale abbondanza non costituisce di per sé una ricchezza, in quanto richiede rilevante impegno in termini di azioni di tutela, conservazione e valorizzazione. Anche il numero dei musei in Liguria è molto alto: nel 2019 vi erano 197 musei (ridotti a 166 nel 2020), ben distribuiti sul territorio e, quindi, altamente rappresentativi delle varie identità culturali della regione. Tuttavia, l’indice Istat di densità dei musei ponderata sul numero di visitatori è molto basso: la maggior parte dei numerosi musei regionali è in realtà scarsamente visitata. La Liguria mostra una elevata vitalità nel creare reti: negli ultimi 10 anni, sono state costituite ben 24 reti, molte delle quali, tuttavia, hanno avuto scarso successo.

Perché non hanno funzionato? I primi dati elaborati dalla ricerca fanno emergere come, per il buon funzionamento delle reti tra musei, sia importante avviare un processo di conoscenza delle risorse, finalizzato a comprendere quali fra queste sia possibile condividere, quali siano insufficienti e debbano essere integrate o acquisite proprio grazie alla collaborazione. Il progetto culturale della rete, le finalità della collaborazione, il livello di autonomia o coordinamento, e le attività realizzate in comune o in sinergia sono aspetti determinanti sia per l’effettiva operatività sia per il successo della rete. Fondamentale è, infine, la scelta di un modello di governance capace di rispondere adeguatamente agli obiettivi culturali dell’aggregazione e di favorire azioni di condivisione delle risorse e delle attività tra i musei che fanno parte della rete, considerando le caratteristiche del patrimonio disponibile, la forma giuridica di ciascuno, la situazione patrimoniale, le relazioni già avviate e gli stakeholders. La ricerca, quindi, potrà dire se le aggregazioni museali possono costituire una risposta efficace alla crisi dei piccoli musei, nonché fornire indicazioni e linee guida operative sui migliori modelli governance e management della rete museale.

*Clara Benevolo, associato di Economia e Gestione delle Imprese, Università di Genova
*Monica Bruzzone, assegnista di ricerca, Università di Genova
*Renata Paola Dameri, associato di Economia Aziendale, Università di Genova

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